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CHEVALIER regia di Athina Rachel Tsangari

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marcogiannelli     7½ / 10  24/10/2018 18:29:42Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
"E' tremendamente, tremendamente Lanthimosiano il soggetto di Chevalier, ultimo film della Tsangari, una regista greca. Greca e donna, la cosa si farebbe molto interessante già così.
Un mini yacht di lusso, sei uomini (più l'equipaggio) e nessuna donna. I sei uomini sono legati tra loro per motivi differenti (migliori amici, fratelli, genero e suocero). Competono su ogni cosa. Ad un certo punto decidono di fare un gioco, ovvero capire, tra loro, chi sia il migliore in generale.
Una situazione surreale, strana, inconsueta. Ma serve tutto per fare un analisi dell'Uomo. La Tsangari non ha un'idea virtuosa del sesso maschile e la sputa tutta in questa pellicola.

Chevalier parla espressamente della vanità maschile, del desiderio di essere superiore all'altro.
Alcune di queste "gare" (che spesso sono comportamenti di vita normali) hanno risultati oggettivi ma per il resto bisogna sostanzialmente apparire, mostrarsi migliori di quello che si è.
Alcuni iniziano a fare squadra insieme, ma in questo gioco gli autentici soccombono, bisogna bluffare.

La regia non sbaglia nulla, si muove tra piccoli spazi e primi piani, fuochi e fuori fuochi al punto giusto, colori ben sfumati.
Le donne non compaiono mai, se non in un paio di telefonate che servono solo ad "usarle". Le donne da questi adoni sono viste come un mezzo, non assumono l'importanza che dovrebbero avere.

Film, come quasi tutto il cinema greco, colto, e interessantissimo. Sinceramente potevamo avere tra le mani un mezzo capolavoro. Eppure qualche difetto c'è e, paradossalmente, sta proprio nell'allontanarsi da Lanthimos. Perchè questo soggetto nelle mani del regista di Dogtooth avrebbe portato a conseguenze terribili.
E invece nella Tsangari sembra mancare un pò di coraggio e Chevalier rimane un pò a metà, al tempo stesso forte ma anche abbastanza innocuo. I rapporti si incrinano, un paio di scene toste ci sono, eppure, alla catastrofe non si arriva mai, anzi, si finisce con una canzoncina comune a decretare il vincitore. 
Anche il gioco in sè avrebbe avuto più senso con più regole, una precisa idea di dove si andasse a parare. 
E in alcune sequenze si fatica ad empatizzare con i personaggi, a prendere posizione e a non rimanere distanti dal soggetto.

Però film consigliassimo per l'originalità e il significato."