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ZAN regia di Shinya Tsukamoto

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The Gaunt     9 / 10  18/09/2018 17:38:45Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Anche in un'epoca incerta per non dire caotica, cioé quella del passaggio tra il periodo Tokugawa e quello moderno Mejii, i samurai, ormai ronin senza padrone, hanno nel loro codice impresso quell'ideogramma che significa Uccidere. Il giovane samurai Mokunoshin è un'eccezione ed al tempo stesso una bestemmia per tale codice. Si rifiuta di uccidere, allena un giovane contadino con una spada di legno ed aiuta la comunità locale di contadini nel lavorare la terra.
Come in Nobi dove nell'inquadratura iniziale si vedeva un paesaggio idilliaco per andare poi nel profondo della foresta e toccare con l'orrore della guerra, anche Zan offre un preludio pacifico. La regia di Tsukamoto riprende gli allenamenti con ampi movimenti assecondando le movenze dei due uomini, ma non appena appare il samurai Sawamura, la camera è fissa, quasi intimorita da quel samurai che con movimenti rapidissimi ed essenziali, uccide in duello un avversario.
Il film declina verso tonalità sempre più tragiche. Sawamura, interpetato dallo stesso Tsukamoto, conscio della grande tecnica del giovane Mokunoshin lo vuole ingaggiare per andare a Edo insieme ad altri samurai per combattere a fianco dello shogun. Ma Mokunoshin no vuole uccidere. E' come un bambino immaturo, per niente maturo secondo quella che è letica di un samurai. E' immaturo anche come uomo che desidera una giovane contadina, che ricambierebbe le sue attenzioni, ma non si dichiara mai e finisce per masturbarsi come gli adolescenti spiando una donna.
Tutto il film di Tsukamoto è una guerra psicologica fra questi due samurai, dove il primo (Sawamura) stimola in continuazione l'istinto ad uccidere del secondo. Farlo passare dalla spada di legno alla fredda e letale lama di metallo, istingandolo a battagliare contro un gruppuscolo di ronin dediti al brigantaggio.
Un film che pone al centro la coscienza individuale e l'etica di un codice che richiama ad una tradizione tragica e sanguinosa. Un film da gustare dal primo all'ultimo minuto. Per quello che può contare, cioé nulla, il mio personale Leone d'oro di Venezia 75. Ovviamente la giuria di Del Toro non se lo è filato minimamente.