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SENTIERI SELVAGGI regia di John Ford

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JOKER1926     7 / 10  16/03/2016 01:44:31Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Nella giostra cinematografica, fra le innumerevoli produzioni, alle volte emergono personaggi incontrastabili che dettano coordinate profetiche. Fra i cineasti antesignani compare, sicuramente, il nome di John Ford.

Un grande come Orson Welles lo definì "il migliore di tutti".

Un titolo che crea un magnifico e rappresentativo connubio con la regia di Ford è "Sentieri selvaggi" del 1956.
"Sentieri selvaggi" è il prototipo di un tipo di Cinema, parliamo del Western, genere in voga nei decenni passati, riproposto in tutte le salse, dall'America all'Europa.
Il Western resta un genere affascinante, varie regie hanno omaggiato le sfumature di tale epica, fra violenze ed atti spietati, ossia la cronica lotta fra coloni e indiani; ma tale genere, a nostro giudizio, rimane cristallizzato in un passato che arranca ad esser contemporaneo. Tarantino lo riprende ancora, in un tempo passato (ma non lontanissimo) Clint Eastwood militava nelle generalità del Western con risultati buoni.
Il cerchio degli omaggi e delle produzioni, vedere anche il grande Sergio Leone, ritorna speditamente ed inesorabilmente alle stesse origini. Origini tracciate da Ford, capostipite di questa trattazione, dunque "Sentieri selvaggi" funge da splendido esempio per la fotografia concettuale.

Prodotto nel mezzo degli anni 50, la fatica cinematografica di Ford, vive in un alone d'altri tempi, non poteva essere altrimenti. "Sentieri selvaggi" è anzitutto un' illustrazione circa un mondo di eroi (antieroi) segnati da una croce, vivere o morire.
La scena, quella di Ford, si presenta barocca e fiabesca, come un trasversale locus amoenus ove la natura dorme beata e l'uomo lotta per preservarla, nell'intenzione (sbagliata) di possederla o (addirittura) di conquistarla. A render artistico lo scenario una fotografia dolciastra.
Sale , fin da subito, in cattedra l'icona di John Wayne nella parte di un anacronistico conquistatore, l'icona rammenta, almeno a giudizio personale, quella del Massimo Meridio di Scott.
Inizia una giostra di vicende belliche ed avventuriere ove le vittime, spesso e volentieri, non sono i forti ma la massa inerme, donne e bambini.

"Sentieri selvaggi" diviene immortale già dall'inizio, ogni sequenza è un esperimento (riuscito) d'arte, Luchino Visconti e Kubrick proseguiranno lo stile negli anni successivi.
Difficile e cinico sarebbe ,da parte nostra, cercare il fatidico pelo nell'uovo in una produzione storica e pionieristica, il tutto gira a perfezione. Le sequenze si avvalgono di una forza non indifferente nonostante la loro lentezza espositiva, insomma "Sentieri selvaggi" sembra assomigliare ad un quadro lento, ma in movimento.

Traspare nell'apparato filmico il solito gioco delle parti ove non esiste il buono e il male assoluto. Tutti, in fondo, sono vittime e carnefici.
Per chi ama il Cinema del passato, fra malinconia e nostalgia, "Sentieri selvaggi" merita una bellissima visione.