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SENTIERI SELVAGGI regia di John Ford

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Ciumi     7½ / 10  23/08/2009 18:56:58Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
L’opera di Ford non è stata mai quella d’un intellettuale, e neppure, forse, quella di un vero e proprio artista. M’è sempre parsa, piuttosto, l’opera d’un vigoroso lavoratore, d’un maestro artigiano che non teme d’imbracciare gli attrezzi e mettersi a lavorare in prima persona, per quella che dovrebbe essere la costruzione della propria fattoria, del proprio focolare nel mezzo di praterie rischiose, un rifugio coraggioso ai propri valori di regista e di uomo civile. E non importa chi siano i nemici da combattere, se siano essi i nativi proprietari legittimi di quelle terre, o soltanto orde di selvaggi in cerca di vendetta; la propria casa va difesa, a costo d’implicarsi in un odio razziale che può risultare maniacale, brutale, tormentato, ingiusto.
“Sentieri selvaggi” è l’apologia di questi concetti, un’epopea dell’americano emigrato, del colone in continuo confronto col pericolo e la precarietà; e, al contempo, una schietta confessione delle ossessioni di un uomo.
Ecco dunque il secondo grande aspetto della visione Fordiana: il viaggio. Il dover essere pronti a spostarsi ovunque, in continuazione, dato che non esiste certezza.
Il viaggio di Ethan è il viaggio dell’eroe - Wayne ovviamente - oberato di sofferenze e lotte passate, in contro ai propri nemici di sempre, che si riveleranno essere non solamente gli indiani, ma soprattutto i propri errori e le proprie debolezze di uomo; e un cammino, necessario, verso un’impossibile guarigione.
La bellezza dei paesaggi - già nel cielo che si staglia fuori dalla oscurità della casa assalita - quasi a voler sublimare il paradiso dei coloni, crea un contrasto con la vicenda. Lo scorrere del tempo, e quello dei luoghi, sono resi dal mutarsi della natura, dalle sabbie aride del deserto al cadere della neve: molto tempo passa, ma non si conta quanto.
Poco importa quanto. Dovesse durare l’intera vita, ciò che importa è che bisogna andare fino in fondo. E solo dopo che la “nostra” casa sarà ripopolata, almeno in parte, potrà l’eroe allontanarsi, riprendere quel sentiero solitario che spetta agli eroi, verso il celeste che si staglia fuori dal buio della casa.