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SENTIERI SELVAGGI regia di John Ford

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dobel     10 / 10  23/08/2009 00:26:43Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Ho sempre pensato che se dovessi scegliere di salvare da un'eventuale distruzione atomica la produzione cinematografica di un regista sceglierei quella di John Ford per la sua omnicomprensività e per la sua profonda umanità. La sua opera non è perfetta, ma è vita. Vi è in essa quella imperfezione che la rende immensamente umana e per questo vicina al referente. Se la misura dell'opera d'arte deve essere la natura, allora l'opera di Ford è grandissima arte. Per questo non riesco (e con questo confesso la mia ignoranza e sprovvedutezza) ad amare del pari l'arte di un grande come Stanley Kubrik; in essa per riuscire ad assurgere al grado di capolavoro assoluto manca solo una piccola cosa (so che mi pentirò di quanto sto scrivendo!): l'errore.
Tornando a Ford, ho anche sempre pensato che 'Sentieri selvaggi' sia non solo uno dei suoi più grandi capolavori ma il più grande Western della storia. Con questo si deve subito aggiungere che travalica il repertorio di genere per divenire parabola universale. In questo film John Wayne più che mai è l'eroe mitico e archetipico. In questa sua incarnazione ci regala forse la sua più grande interpretazione.
Ford in quest'opera è più che mai l'Omero del novecento e il cantore della nascita di una nuova civiltà. Come la poesia di Omero gettò le basi per la consapevolezza della civiltà europea, così la 'poesia' di Ford getta le basi per la consapevolezza e la nascita di una nuova civiltà di pari grandezza e complessità. Inglobata la vecchia Europa nelle proprie maglie, l'America ha rielaborato una propria identità che affonda le radici nel mito del vecchio West, della colonizzazione, dell'uccisione del padre con l'indipendenza. L'America ha passato velocemente le fasi di crescita che ogni civiltà deve passare, e ha visto in Ford il suo Vate.
Curioso come nella nostra nazione durante il risorgimento si fosse posto il problema che dopo aver fatto l'Italia si sarebbero dovuti fare gli italiani. Ecco allora che l'italiano venne plasmato da un grande artista, un gigante sulle cui spalle ancora per molti versi ci reggiamo: Giuseppe Verdi. Il melodramma verdiano plasmò quella tipologia di uomo civile che è servito da modello alla nostra intellighenzia: non più il furbo macchiavellico, né l'amoroso eroe del primo romanticismo, bensì un essere pensante, laico, che alla passione amorosa unisce la passione civile e una tensione etica.
Cosa c'entra tutto questo con Ford? solo un accostamento curioso: oltre all'epicità delle rispettive produzioni e alla tempra morale che accomuna i due personaggi, nonché alla funzione sociale che hanno avuto nei rispettivi campi, paesi ed epoche (ché se Verdi ha plasmato l'italiano Ford ha plasmato l'americano, almeno quello degli states), l'essenza del personaggio. I personaggi di Ford, come quelli di Verdi (e in questo senso Ethan Edwards di 'Sentieri selvaggi' è forse l'esempio più emblematico) quando entrano in scena portano con sé un passato. Il loro fardello, anche se non lo conosciamo e non lo conosceremo mai, è presente in loro. Non voglio dilungarmi, ma credo che questo sia segno della profondità di un artista quale fu John Ford; nei suoi personaggi non abbiamo mai la sensazione della comparsa casuale, o della nascita estemporanea. Ognuno di loro viene da un passato e spesso a quel passato ritorna. Il finale di 'Sentieri selvaggi', uno dei più belli dell'intera storia del cinema, è paradigmatico. Ethan viene dal nulla e al nulla ritorna. Ma è un nulla che sentiamo pesantissimo e che si fa toccare con mano. La struttra circolare del film nella quale la fine è già presente e implicita nell'inizio, suggella un'opera d'arte che rasenta la perfezione... rasenta, dico, non la raggiunge e non la deve raggiungere, altrimenti non sarebbe più umana, e quindi non la ameremmo più. L'eroe, in questa vera e propria odissea moderna, è senza patria e famiglia; non rientra negli schemi della società, non viene accolto nel seno del focolare domestico, ma continua il suo eterno peregrinare. E noi ci chiediamo che fine avrà fatto Ethan Edwards? Ma è chiaro: si è trasformato nel 'Cavaliere pallido', in Pike Bishop, in Walt Kowalscki...
Invia una mail all'autore del commento Steppenwolf  23/05/2011 12:53:26Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Commento bellissimo e sentito.
dobel  24/05/2011 14:26:44Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Grazie mille.