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HIROSHIMA MON AMOUR regia di Alain Resnais

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_Hollow_     8 / 10  04/03/2012 01:35:29Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Sceneggiatura ottima; regia pure; buona anche la recitazione e soprattutto gli accenni storici. L'inizio fa parte della storia del cinema; bella l'idea di fare della metacinematografia e del documentario attraverso una storia d'amore; bella soprattutto l'idea di dipingere le caratteristiche di una storia d'amore impossibile. Però, sarà che i film francesi in generale e la nouvelle vague in particolare non sono il mio genere, sarà ancor più in particolare questo film in sé, ma qualcosa non mi fa urlare al capolavoro. Al gran bel film si, ma non di più. Troppo poesia non mascherata, gettata in faccia allo spettatore in un delirio di onnipotenza registica. Odio quella per nulla velata caratteristica francese di colmare i film di poesia spicciola, da luce di luna parigina, da relitti dell'impressionismo.
Per fortuna non è un male che colpisce qualsiasi film. "I quattrocento colpi" per esempio, oppure "La grande illusione", per citare i primi due che mi vengono in mente, non ne sono affetti. Ma altri, come questo, "Fino all'ultimo respiro", "Jules et Jim" ... invece ne sono pervasi. Per gusto mio, è un vero peccato. Se certi autori francesi, magari fanatici provenienti dai Cahiers du Cinema, magari no, si fossero dimenticati per un attimo della necessità di dover mostrare al mondo la loro profondità poetica; se avessero abbandonato i fronzoli per far parlare semplicemente il loro racconto; secondo me (e ripeto secondo me) il loro cinema ne avrebbe guadagnato.
Insomma, gran bel film a 360°, storico per certi versi, ma per nulla moderno nelle sue pause narrative (onnipresenti), infatti mai silenziose, mai lasciate al pensiero dello spettatore e sempre ricolme di frasi d'una poesia studiata a tavolino e fatta passare per pensiero o dialogo. Ugualmente un bel film, una bella idea, ma preferisco la poesia di altre parti del mondo, che siano l'Italia o il Giappone, che lascia maggiormente in pace le orecchie e maggior spazio all'esercizio dello sguardo; che non rende volgare, frivola, mielosa la propria natura a forza di sottolinearsi e di guardarsi allo specchio ma che cerca di trasparire e farsi amare dallo spettatore per quello che è, senza imbellettarsi.
Siamo anni luce indietro rispetto a Ozu.