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HIROSHIMA MON AMOUR regia di Alain Resnais

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Guy Picciotto     10 / 10  02/03/2010 17:09:24Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Resnais è riuscito con questo film ad avviare un discorso su come demolire lo status quo attraverso le "impalcature semantiche" della rappresentazione, riuscendo laddove molti fallirono a non rappresentare “ il concreto” e “ il mentale” dell’apparato industriale, e ad avviare un discorso di decostruzione dei "segni" del capitale rappresentato, attraverso filtri futuristi, o spingere la velocita 'oltre alla percezione sensoriale, scardinando tempo e spazio (e non parlo solo dell'uso rivoluzionario del flashback, me ne battu ù belin io della nouvelle vague).
Se si dovessero salvare solo 10 film dall'apocalisse imminente questo film rientrerebbe sicuramente tra quelli quelli da portare al riparo nello spazio interstellare.
Ciumi  02/03/2010 18:02:24Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Concordo, anche secondo me questo film è un capolavoro; ma cosa intendi quando scrivi: “riuscendo laddove molti fallirono a non rappresentare “ il concreto” e “ il mentale” dell’apparato industriale, e ad avviare un discorso di decostruzione dei "segni" del capitale rappresentato”?
Cioè, ovviamente se ti va di spiegarlo.


Guy Picciotto  05/03/2010 22:51:08Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Ciumi , con "i segni del capitale rappresentato", intendo in buona sostanza i codici della narrazione cinematografica tradizionale, se parlo di cinema ovviamente, perchè quella simbologia la si trova ovunque non solo nell'arte.
Riflettevo in buona sostanza sul lavoro del Resnais di quel frangente li, hiroshima, l'anno scorso a marienbad, muriel ecc, un cineasta che non aderì mai a correnti nonostante potesse esserne riconosciuto il faro seminale ed è uno che ha rimesso in gioco i codici della narrazione cinematografica tradizionale.
Come? Puntando alla destrutturazione della linearità temporale e narrativa, benchè ci fossi arrivato pure io guardando con i miei occhi è una cosa che avevo già letto in modo estemporaneo in Deleuze, egli diceva che in Welles e poi in Resnais il montaggio acquistava un nuovo senso, che definiva le relazioni nell'immagine - tempo diretta e riusciva a far collimare lo spezzato con il piano - sequenza.
In 2 libri che ho "immagine- movimento" e "immagine-tempo" di Deleuze egli fa dei nomi per far riferimento al cinema moderno, Godard e andando indietro Vigo, tra questi c'era anche Resnais, ti riporto questo passaggio: "il regista classico avrebbe rimosso ogni singola immagine non funzionale alla storia perchè "avrebbe annoiato"; il regista moderno invece fa esordire i tempi morti, i luoghi svuotati, le attese, le azioni senza finalità ne scopo".
Sopratutto sui luoghi svuotati e le attese sono d'accordissimo con deleuze, non mi trovo d'accordo invece quando usa il termine moderno in senso così lato....ma questo è un altro discorso.
Riuscire a non rappresentare il concreto ed il mentale dell'apparato del tecno-impero....ecco Resnais per me c'è riuscito utilizzando il montaggio come "agente di dispersione dell'evento".
In Hiroshima, al "ho visto tutto ad Hiroshima" del personaggio francese si contrappone il "non hai visto niente ad Hiroshima" pronunciato a più riprese dall'amante.
Gli eventi poi appaiono polverizzati, e l'hiroshima mentale del dopobomba sopratutto che appare per sempre polverizzata, sopratutto in tempi di ricostruzione a cura delle mega ditte, i ricordi dei 2 amanti sono come granelli di polvere sperduti nel cemento di ricostruzione, un senso di spaesamento tangibile, d'altro canto questo stesso senso di spaesamento è ben presente nel successivo l'anno scorso, altro film da 9 mezzo 10 se non lhai visto ovviamente: poltrona, Pinot grigio bien glassè a fianco e una gran dose di pazienza ehehe ciao
Ciumi  06/03/2010 09:17:44Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Innanzitutto ti ringrazio del chiarimento.

E sono d'accordo nel riconoscere in “Hiroshima” un momento fondamentale della modernità cinematografica: che, sì, in un certo senso, per questo tipo di discorso, partì forse con Vigo in "Zero in condotta".

Mi viene da dire che se in "Quarto potere" la destrutturazione temporale e spaziale è immediatamente percepibile, qui troviamo evidente solo la seconda, mentre la prima si svolge principalmente e sottilmente in una dimensione psicologica.
Anch'io trovo corretta l'osservazione di Deleuze: se penso ai registi che adottarono una struttura classica di narrazione, come ad esempio Siegel (cito un autore che apprezzo, ma si potrebbero tirare in causa tutti quei registi hollywoodiani che contrariamente non ho mai amato), trovo un montaggio serrato, atto a eliminare il superfluo e ad accordare le sequenze essenziali. In Resnais, come dici tu, il processo ha scopi molto diversi: d'espandere, di dissipare, di dare rilievo ai tempi e agli spazi morti.
Qualcosa di meno marcato si stava verificando parallelamente in Italia con Antonioni. In Godard, questo scardinamento delle azioni e dei dialoghi "senza scopo" troverà probabilmente il suo punto estremo.

Ma in "Hiroshima", al di là del discorso formale, troviamo totalmente interessante anche quello contenutistico: la memoria individuale si stempera assieme a quella storica, nell'oblio delle ricostruzioni; tende a sgretolarsi e all'infinitesimo; ma se rimane al suo interno - e con essa si unisca - nei luoghi della memoria collettiva; ecco assieme s'ampliano e resistono: basti pensare ai corpi "ingigantiti" della prima scena.
Questo della memoria (appreso da Proust) è sicuramente un grande discorso - In fondo, che siamo noi all'infuori di memorie?

"L'anno scorso a M." invece (sì l'ho visto qualche tempo fa) lo trovo interessante ed anzi assolutamente ammaliante per la costruzione formale, ma non per quanto riguarda i contenuti: qui quegli spazi e tempi morti s'allungano totalmente diventando il racconto stesso, e perdendo forse quella funzione di "agenti dispersivi dell'evento".

A mia volta vorrei consigliarti un documentario molto bello sui lager di Resnais (dove il discorso formale, molto rispettosamente, lascia il campo a quello della memoria): "Notte e nebbia".
Ne ho scritto la recensione poco tempo fa, se ti fa piacere puoi leggerla per fartene un'idea. Ciao.