Steppenwolf 9 / 10 29/04/2011 22:08:43 » Rispondi "Ce l'ho fatta, Ma'. Sono in cima al mondo!"
Ieri ho visto questo grandissimo gangster movie di Raoul Walsh e ne sono stato tanto colpito da aver ritenuto necessario aprire un topic sul film. Canto del cigno del filone gangsteristico inaugurato da film come "Piccolo Cesare" e "Scarface", il film ripropone in maniera magistrale molte tematiche tipiche del genere e lo fa in maniera a mio avviso eccellente, merito innanzitutto delle bellissime prestazioni degli attori... e mi riferisco in particolar modo a James Cagney, interprete superbo di uno dei personaggi meglio caratterizzati del genere! La trama è costruita in maniera impeccabile e il regista è riuscito a rendere questo film totalmente privo di sbavature o di eccessi mantendo al tempo stesso il ritmo dell'azione sempre altissimo. Privo di alcuna retorica e ancora più asciutto dello "Scarface" di Hawks(ma forse il paragone andrebbe fatto anche più con il remake di De Palma), il film riesce ad evitare molti dei cliché, evitando facili soluzioni o risposte concilianti(per quanto il finale possa essere previdibile, tutto sommato!). Tuttavia la "forza" di questo film traspare prepotentemente in alcune scene, a mio avviso bellissime, come quella della crisi (epilettica?) nel carcere e il folle finale... impeccabile anche la scena iniziale con la rapina al treno. E' curioso notare come il film rappresenti in un certo senso la summa dell'intero genere gangsteristico; non solo quello "tradizionale", ma anche quello risalente agli albori del cinema: non dimentichiamoci che uno dei primissimi cortometraggi mai realizzati fu "La grande rapina al treno" di E.Porter, film famosissimo che riverberava lo "shock metalinguistico"(mi si passi l'espressione!) di cui i fratelli Lumiere erano stati i precursori: come nel caso dei Lumiere era un treno ad aggredire lo spettatore, in quel corto era ancora più direttamente il rapinatore a puntare l'arma verso lo spettatore. Il film di Walsh comincia proprio con una rapina al treno, che delinea sin dall'inizio gli aspetti più forti della personalità del protagonista, spietato al punto da ammazzare senza pensarci due volte il conduttore del treno che aveva semplicemente sentito il suo nome. Ma è solo dopo pochi minuti che ci accorgiamo che la grande "forza" dominatrice del protagonista(quasi disumana)è però controbilanciata da una sua debolezza, che lo porta ad avere delle periodiche crisi epilettiche. Ed è proprio nel momento in cui lo spettatore acquisisce consapevolezza della debolezza del protagonista che ci rendiamo conto che lo spietato quanto ambizioso gangster soffre di un insuperato Complesso di Edipo nei confronti della propria madre, che si rivelerà progressivamente essere il suo unico reale sostegno. Incoraggiato dalla madre, sembra infatti che la sua ambizione di innalzarsi sulla "vetta del mondo"(cinico in questo senso il finale)rappresenti in qualche modo una sorta di riscatto morale nei confronti della madre, dopo il fallimento del padre, morto dopo essere stato ricoverato in un manicomio. Il protagonista, sotto il proprio manto di diffidenza e di egocentrismo, cela allora un autentico amore per la madre, amore che egli traduce in grande fiducia nei confronti della genitrice, unita ovviamente alla volontà di non deluderla. La sua mente contorta è però capace di elaborare piani di grande complessità: deciderà allora di scontare 2 anni in un penitenziario riuscendo in questo modo ad evitare la sedia elettrica per i multipli omicidi che aveva commesso durante la rapina al treno. La polizia, decisa più che mai a stanarlo, incaricherà allora un agente "in borghese" di farselo amico durante il periodo di detenzione(facendo spacciare l'agente a sua volta per un detenuto)e di carpirne la fiducia e dunque i segreti. L'epilogo e il resto del commento lo posto sotto spoiler! Mi limito a ribadire in questa sede che si tratta di un vero e proprio capolavoro del genere, a mio avviso superiore perfino a "Scarface" di Hawks!
Il finale - e qui mi rivolgo a chi il film l'ha visto - segna l'epopea del genere gangsteristico e in effetti la scelta di Cagney rappresenta un chiaro omaggio al genere entrato in voga negli anni '30. Come in "Scarface" l'eroe, il cui egocentrismo è però spinto oltre i limiti della razionalità, in preda ad un delirio di onnipotenza morirà dopo essere finalmente arrivato sulla "cima del mondo"(realizzando il desiderio della madre e, specularmente, il proprio bisogno di riscatto). La sua follia letteralmente deflagrerà e porterà via con sé anche il suo ultimo(forse unico?)sostegno(l'ultimo gangster), che aveva tentato di consegnarsi alla polizia. Dunque, un po' come in "Aguirre" di Herzog, l'(anti)eroe resta solo con il proprio delirio e ad attenderlo non può che esserci un tragico, quanto beffardo, destino. Dunque, il "destino di morte" che il protagonista portava con sé sin dall'inizio(ed è in questo senso in anticipo di qualche anno sullo Huston di "Giungla d'asfalto" e di vari sui film di Melville)che trova sfogo nel finale, è anticipato dal disfacimento interiore del protagonista quando in carcere viene a sapere della morte della madre(altra scena formidabile). Il suo unico sostegno diviene allora la spia inviata per scoprirne i segreti(chi smerciava il denaro, ad esempio), dunque un false friend, un labile, quanto illusorio sostegno. Il diffidente gangster si è fidato soltanto una volta di qualcuno che non fosse sua madre, e questo fallimento gli è costato la pelle. A mio avviso la bravura del regista è stata in questo senso nell'evitare ogni semplice moralismo o qualsiasi "ripensamento" da ambo le parti: il rapporto dialettico spia/gangster è destinato a risolversi nel sangue, quando sarà proprio il suo "ex amico" ad aprire il fuoco sul protagonista.
Ad ogni modo, oltre alla costruzione perfetta della regia e alle belle musiche di Max Steiner, quel che del film mi ha colpito di più(a prescindere dalla caratterizzazione del personaggio)è stata la splendida interpretazione di James Cagney, nevrotico e delirante al punto giusto ed in grado di dosare perfettamente gli stati di follia e di lucidità del protagonista, costruendone una figura forte e dominante all'apparenza, ma in realtà debole, immatura ed incapace di vincere i propri fantasmi: primo su tutti l'attaccamento morboso alla madre, che lo rende incapace di "amare" realmente la propria fedifraga donna, da cui è legato da un rapporto quasi inesistente, quasi la considera alla stregua di un oggetto di cui rivendicarne il possesso al momento opportuno. E sarà proprio lei ad uccidere la madre a tradimento, sparandola alle spalle: ed emblematicamente, come né il protagonista, né la vecchia stessa se ne accorgono, così lo spettatore è "castrato", impedito alla visione dell'omicidio... e per qualche momento potrebbe sorgere perfino il dubbio che la notizia della morte della madre del gangster fosse in realtà falsa! Per un destino beffardo sarà l'amante della moglie del protagonista a pagare le conseguenze di quest'omicidio, mentre la donna resterà "impunita"(ma finirà ugualmente in carcere).