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THE INTERPRETER regia di Sydney Pollack

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Spotify     6 / 10  15/05/2017 00:03:34Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Thriller politico diretto da Sydney Pollack nel lontano 2005. La pellicola è quasi un omaggio ai vecchi film di spionaggio, dai quali questo "The Interpreter" trae parecchie influenze.
Non si tratta di un'opera indimenticabile, anzi, però pone uno sguardo interessante sulle dittature negli stati africani più poveri e sul coinvolgimento di forze speciali, come appunto l'ONU, in situazioni del genere.
La trama è ambientata a New York, nei palazzi delle "Organizzazioni delle Nazioni Unite". Silvia Broome, un'interprete, si ritrova in una situazione molto pericolosa, quando una sera, dopo essere rientrata negli edifici per prendere alcuni oggetti personali, ascolta per caso, da un microfono rimasto acceso, una conversazione tra degli individui, i quali parlando del piano per assassinare il capo di uno stato africano, il quale, giungerà nei palazzi a breve per discutere della difficile situazione politica e sociale nel suo paese. Tale presidente, è Edmond Zuwanie, dittatore senza scrupoli del Matobo. Il giorno seguente, i servizi segreti sono informati della cosa, e così, vengono a parlare con Silvia, alla quale però non credono. Questo perché la donna, ha un conto in sospeso con Zuwanie. Tanti anni fa lei visse proprio in Matobo, in quanto parzialmente originaria di quelle parti. Solo successivamente si era trasferita in America. Questo perché le truppe del feroce dittatore sterminarono l'intera famiglia della Broome, insieme a tantissime altre persone, la maggior parte innocenti. Quindi, tutto potrebbe essere solo una macchinazione di Silvia al fine di uccidere sul serio il despota africano.
A questo punto ci saranno una serie di depistaggi e colpi di scena, per far capire agli agenti, quale sia la verità.
Sydeny Pollack, qui al suo ultimo film, analizza il tema, attuale, della tirannia di molti paesi africani.
Il regista, specie attraverso il finale, ci fa capire quanto i dittatori siano meschini e soprattutto egoisti, bramosi solo della voglia di potere, la quale, secondo loro, si può raggiungere soltanto attraverso la violenza.
A questa tematica se ne collega subito un'altra, abbastanza classica e stereotipata, è cioè la vendetta di qualcuno contro chi ha fatto del male ai propri cari. L'argomento in questo caso, assume una forma più importante, in quanto, il sentimento di rivalsa, è nutrito nei confronti di un capo di stato. Questo tema, tuttavia, è una conseguenza di quello principale, si tratta di una semplice diramazione.
La vera riflessione di Pollack, come detto, guarda al dispotismo nei paesi del terzo mondo. Ovviamente non poteva mancare il coinvolgimento della politica americana e dei maggiori stati europei, e non c'era niente di meglio che girare buona parte della pellicola nei veri palazzi dell'ONU, proprio al fine di sottolineare questa cosa qui. Ovviamente, tale scelta tecnica, aumenta il realismo, già molto marcato, della pellicola.
Infatti, Pollack fa il minimo indispensabile nella valorizzazione della scenografia, in quanto essa, già da di per se, da quel tocco di eleganza in più. Pollack però, sempre attraverso la location, riesce a creare quel clima politico che serviva per rendere il prodotto finale ancora più veritiero.
All'ambientazione, si associa una buona fotografia. Ci sono bei giochi di luce e tinte tendenti all'azzurro che danno un tocco particolare all'ambientazione.
Buona la direzione della Kidman (non altrettanto quella di Sean Penn). L'attrice è ben inserita sia nel contesto del film che in quello di protagonista. Il regista fa un'interessante descrizione della personalità di Silvia Broome, la quale ci appare come una donna che, nonostante all'apparenza non desti alcun sospetto, ha in realtà parecchie cose da nascondere. Non male neanche l'analisi psicologica del personaggio, difatti notiamo come il suo stato mentale e, soprattutto, decisionale, cambi radicalmente:


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Il ritmo, sebbene non proprio incalzante, fa si che la pellicola si lasci guardare. Ci sono alcuni punti morti, ma infatti se il film fosse stato accorciato di una ventina di minuti, sarebbe stato meglio. Tuttavia, nel suo essere, l'opera coinvolge lo spettatore.
Il finale è ben girato, resta imprevedibile fino alla fine. C'è suspense, ha un gran colpo di scena, orchestrato in maniera impeccabile. Probabilmente il momento migliore del film.
Il cast registra i grandi nomi di Nicole Kidman e Sean Penn. La Kidman è brava, e poi, è maledettamente bella. Si adagia su qualche clichè classico del ruolo che interpreta, però, fa una recitazione di qualità, sofferta, grintosa e molto carismatica. Manifesta benissimo i sentimenti del suo personaggio. Espressioni ottime, specie quando si tratta di quegli sguardi sofferenti che solo l'attrice australiana riesce a fare. Esplicazione dei dialoghi valida.
D'altronde la Kidman è sempre la Kidman.
Sean Penn, benché non si diretto un gran che bene da Pollack, ci mette del suo per fallire quasi completamente la propria prova. Ho trovato l'attore di Santa Monica piatto, inespressivo, quasi svogliato. Si è limitato a svolgere il compitino basandosi sui classici stereotipi della propria parte, nient'altro. Da uno come lui, è lecito aspettarsi molto, ma molto di più.
La narrazione è uno dei punti dolenti. Perché, nonostante il ritmo non è malaccio, è proprio la narrazione in se che funziona male. Pollack si adagia sui classici modelli riguardanti questo tipo di pellicole qua. Il director non propone nulla di innovativo, nulla che valga la pena sottolineare.
Ma infatti "The Interpreter" non aggiunge assolutamente nulla al filone al quale appartiene. Con questo regista e con quel cast, poteva essere qualcosa di meritevole, ma non lo è stato affatto.
Poi, eccetto l'epilogo, la tensione manca e quelle scene dove dovrebbe esserci, sono scontatissime.
Altra cosa mal fatta da Pollack, è la gestione dei vari soggetti, a parte la Kidman ovviamente. Tutti gli altri personaggi sono gestiti male: chi non è assortito alla storia, chi non è un minimo intrigante, chi pare totalmente inutile e chi è basato sui soliti standard.
E come ho accennato prima, tra questi personaggi spicca quello di Penn. Banale, noioso e ripetitivo. Addirittura quasi superfluo. Non entra mai nelle "simpatie" dell'astante.
La sceneggiatura è mediocre. Gran parte dello screenplay è ripetitivo, le idee latitano e si avverte una certa lentezza nella struttura narrativa. Poi una cosa veramente fastidiosa, è che si gira intorno ai vari punti da risolvere, ma senza mai andare dritti al nocciolo, scadendo spesso in situazioni che servono poco ai fini della trama. Stesura dei personaggi scontata, sequenze lasciate a metà strada, approssimazione su parecchie altre cose. I dialoghi forse non sono malissimo, ma non salvano una sceneggiatura scadente.

Conclusione: un thriller che nonostante il gran cast ed un nome di spicco alla regia, non colpisce, anzi, si notano più i difetti che i pregi. Tuttavia, la sufficienza c'è, grazie specialmente alla scenografia e ad un finale peculiare. Lo consiglio solo agli amanti del genere.

Si poteva e doveva fare molto meglio.