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DOGMAN regia di Matteo Garrone

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genki91     7½ / 10  18/09/2018 17:24:01Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Fra i film che rappresenteranno l'Italia ai prossimi Oscar, mi piacerebbe fosse presente Dogman. Ho atteso del tempo per vederlo, ma devo dire che non ha per nulla deluso le aspettative.

Ispirato al fatto di cronaca di fine anni '80 noto come "i delitti del Canaro", Dogman è un film sulla miseria umana, sul senso di sopportazione, sulla parte oscura che alberga dentro ognuno di noi.

Marcello fa il toelettatore di cani, ma vive anche d'espedienti. È un uomo mite, ama il suo lavoro, nonostante riesca a malapena a sbarcare il lunario. Il quartiere nel quale opera vede atti di microcriminalità e violenza, spesso commessi da Simone, un criminale che vive compiendo abusi e soprusi nel quartiere.
Nessuno ha il coraggio di ribellarsi.

Marcello non è solo spettatore. Aiuta Simone e ne accetta il comportamento, non si fida in senso assoluto, ma lo sopporta senza opporsi, cerca di tenerlo buono, di accontentarlo e di cavare qualche spiccio dagli atti di cui è complice.
Viene trattato miseramente, sfruttato e minacciato, ma non si può dire sia una vittima.
È un padre premuroso e conserva un amore incondizionato per gli animali, farebbe di tutto per sua figlia e per i cani che cura.
Una serata andata male a seguito dell'ennesima prepotenza di Simone lo fa ritrovare nei guai con la giustizia.


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Marcello chiederà a Simone dei soldi che, secondo gli accordi, gli spettano.
Il finale è cronaca nera di fine anni '80, ma si discosta poi dal normale svolgimento storico, diventa onirico, kafkiano, quasi surreale, distaccato.

Marcello Fonte è un grande attore ed a riconoscerlo c'è finalmente un festival maggiore come quello di Cannes.
Un uomo dallo sguardo apatico e dal corpo piccolo.
Un dottor Jekyll pronto a cedere il passo al suo signor Hyde in una trasformazione tanto brusca quanto verosimile.
In un'esplosione d'odio e rancore.
Nella rivalsa del piccolo.
Nell'ira del mansueto.

Fonte fa dell'espressività e della naturalezza le sue caratteristiche principali. Non si ha mai la sensazione che reciti.
Fa trasparire tutta la frustrazione e tutto il rancore proprio di un uomo esasperato, stanco, giunto al limite.

Lascia un senso di profonda tristezza e vuoto. Fonte non può che esprimere sé stesso attraverso il proprio volto, la propria espressività, che parlerebbe per lui anche senza aprir bocca. Un volto antico - come lo ha definito Garrone - figlio di un'altra epoca, vissuto.
Ma sono i suoi tempi recitativi a sorprendere, a far chiedere allo spettatore se le sue battute non siano improvvisate, tanto sono naturali.

Sarebbe criminale non citare l'interpretazione di Edoardo Pesce, già a suo agio nel ruolo di uno dei fratelli Buffoni nella serie Romanzo Criminale.
Pesce sforna un'interpretazione cruda, grezza, di un uomo che vive di espedienti alla giornata, che non può avere futuro. Un uomo sostenuto dalla prestanza fisica, dalla forza brutale, dal carattere prepotente. Nessuno si mette contro Simone: troppo da perdere, poco da guadagnare.

I due sono fondamentalmente due maschere teatrali, due character impostati, protagonisti di un western decadentista urbano, con un quartiere che si affaccia sul mare a fare da sfondo, ma senza elementi naturali, con tanto cemento e ferro, componenti di quel grigiore simbolo di una decadenza ormai giunta ad un punto di non ritorno.

Dogman è una storia brutale e prepotente come solo la realtà sa essere.
E non è la vendetta ad essere al centro, quanto la catarsi, il senso di liberazione del protagonista a storia compiuta.

Con i cani, incolpevoli bestie, trovatisi spettatori del dramma umano. I primi piani sulle loro facce svelano curiosità, incertezza, dubbio.
Un dubbio istintivo e non ragionato, proprio degli animali e degli uomini in preda al delirio.