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PADRE E FIGLIO regia di Aleksandr Sokurov

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Invia una mail all'autore del commento kowalsky     9 / 10  02/10/2011 01:27:42Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
"L'amore paterno è crocifisso, l'amore del figlio crocifigge", parole che esprimono l'immenso impatto emotivo di un film che non esito a definire incantevole. La dimensione barocca di Sokurov non ha spazio, prevale la semplicità (si fa per dire) di un rapporto ai limiti dell'autolesionismo affettivo. E' una nuova opera sul Potere, davanti alla dimensione egoistica e sublimata del vincolo familiare, attraverso cui molte altre tracce arricchiscono ma senza scalfire l'essenza della storia stessa.
Prima di tutto, la recitazione, un pò teatrale ma non nel senso tradizionale del termine: Sokurov lascia agli attori una spontaneità che a volte è mimica è espressione è sguardo ma sembra appartenere ai lati più comuni della gente comune. In un certo senso è come se tutti noi facessimo "arte" davanti alla piega che prendono le nostre emozioni.
Metafora del film, oltre al sogno che ritrova il senso incompiuto di un'Edipo senza figura materna (scomparsa prematuramente) è invero il Doppio Sogno, quello del figlio nudo davanti alla natura e sotto la pioggia, e quella del padre seminudo nonostante la brusca nevicata. In entrambi i sogni l'altro (padre o figlio) chiede "ma ci sono anch'io?" - risposta "no, sono/ero solo".
Il bisogno di rompere un vincolo fa parte del pensiero di entrambi, ma entrambi sanno che sarà difficile o impossibile renderlo effettivo.
Girato ancora una volta nella Sanpietroburgo dell'Hernitage (citato per una tela del Rembrandt sul "figlio prodigo"), il film vanta una fotografia che spesso sembra appartenere a una dimensione senza tempo.
Nel corso del tempo, ci si pongono tanti interrogativi (spoiler) a cui il regista non dà risposta, come il tanto frainteso omoerotismo del film (in realtà necessario per descrivere un rapporto sia fraterno che "materno" del figlio col padre).
C'è tuttavia una solarità, quasi minimalista a tratti, che si sprigiona in diverse magnifiche sequenze (il gioco dell'asse di legno sospesa nel vuoto, il giro in tram con l'amico, la visita di Sasja alla ragazza che forse ha perduto per sempre) che costringono spesso lo spettatore a lasciarsi trasportare nell'oblio, come se la forte fisicità mentale della vicenda, e il dolore che si possa addosso, possa essere cancellato dall'illusione quotidiana

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