TheBar 7 / 10 25/03/2018 22:07:55 » Rispondi Del toro alla produzione ma non come Raimi: é sempre tutto saldamente sotto il suo controllo anche in questo sequel di Pacific Rim, dove ha lasciato la regia a Mr, Knight. Il film ha una sceneggiatura con dei frangenti un po' fumosi ed emotivamente vaghi, ma le carte vengono mescolate abbastanza bene puntando su archetipi come le corporazioni losche e i beniamini scienziati del film precedente. Insomma, si rimane spiazzati in più punti della pellicola e tutto ciò é un bene. La regia invece é davvero autoriale, creativa, sopraffina.
Di spessore anticipare come il personaggio di Boyega sia protagonista e ideatore nel far schiantare al suolo un prodotto (Gipsy, il suo robot) che si ammanta di colori molto vivi (le fiamme), sulla neve nel finale. Nel siparietto con la panna montata, di sua iniziativa, infatti, fa precipitare letteralmente dall'alto tanti candidi sul del gelato bianco, ergo é giusto per collegamento che sia lui a far schiantare Gipsy alle pendici innevate del monte Fuji.
Nello stesso finale, inoltre, interviene Scrapper, il robot palla per eseguire un'azione genuina: quella di salvare i protagonisti dallo schianto. Azione potenziata nella sua genuinità dal fatto che il robot si trovi in un ambiente innevato, legato agli altrettanto genuini giochi con le palle di neve che si vedono negli ultimi scampoli di pellicola.
Sempre a proposito di Scrapper, da piccolo robot é giusto che stia con una ragazzina bassina. Oltretutto il suo tentativo di fuga tramite dalla facoltà di appallottolarsi é dato non solo dal design semisferico, quasi da tartaruga ninja, ma anche dagli interni che rivelano un telaio tondeggiante nell'abitacolo e dagli insistiti primi piani sulle facce dei personaggi, che ovviamente sono sferiche, durante la corsa della sequenza in questione mentre cercano una soluzione. Interessante anche quando la piccoletta diventa il punto centrale su cui gira la camera, durante le esplosioni causate dalla ribellione dei droni. Le grandi esplosioni quindi confluiscono come riferimento nella piccola umana, potenziando come nello schema di disegno del punto di fuga, l'attenzione dello spettatore su un personaggio inquietato da quella situazione. Non a caso la telecamera gira quindi in tondo per delineare simbolicamente nella ragazza proprio il punto di riferimento di quello schema.
Di rilievo in questo senso anche il doppio reattore rotondo, di dimensioni diversificate nella scoppa di Gipsy Avenger, che alla fine della pellicola ospita Boyega e la ragazzina com'é giusto che sia. Alla fine i personaggi sono uno grande e l'altro piccolo e quindi viene giustificato in primis la differenza di diametro dei reattori di un robot che appartiene ai due. Inoltre entrambi si portano dietro le esperienze con quella palletta di scrapper che richiama ancora le rotondità dei reattori. Chi meglio di loro essendoci strettamente legati, poteva portare alla vittoria il robot protagonista?
Bello infine il design e le possibilità di offesa dei robot, giustamente tutti evoluti rispetto al passato.
Adesso presentano varie armi bianche rispetto alle mani nude dei loro predecessori e livree dalle linee più moderne rispetto a quelle rozze e più da carri armati bipedi intraviste nella prima pellicola. Tutto questo sembra quasi un voler assecondare l'evoluzione umana. Da esseri rozzi, sgraziati nelle forme e dotati in grandissima parte di attacchi a mani nude, si passa a robot più eleganti, raffinati, evoluti che giustamente combattono spesso con la propria arma bianca di riferimento