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L'ESTATE DI KIKUJIRO regia di Takeshi Kitano

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kafka62     7½ / 10  09/05/2018 16:01:58Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Dopo i poliziotti violenti e gli yakuza feroci, Kitano si scopre un animo teneramente infantile e realizza, con "L'estate di Kikujiro", un film sorprendentemente naïf. Quello che a tratti aveva già fatto capolino nelle sue opere precedenti (penso ai giochi sulla spiaggia di "Sonatine" o ai lirici disegni di "Hana-Bi") qui diventa la sostanza stessa del film. Il rapporto tra il piccolo Masao, alla ricerca della madre (un tema non certo originalissimo nel cinema contemporaneo, vedi ad esempio "Central do Brasil"), e Kikujiro, un burbero e trasandato perdigiorno che vive di espedienti, è il pretesto non tanto di una narrazione lineare e pedagogicamente esemplare, quanto di una serie di quadretti impressionisticamente appena abbozzati, di scene apparentemente non necessarie e chiuse in sé stesse, ma che in realtà riescono a creare una atmosfera perfetta, magica, miracolosamente in equilibrio tra la cruda realtà e la più pura poesia. E così ecco dipanarsi i goffi tentativi dell'uomo di portare il bambino a destinazione, i divertenti incidenti di percorso, i bizzarri incontri on the road, e soprattutto i fantasiosi giochi allestiti per divertire il bambino (e ripagarlo della delusione fatalmente in agguato). Alla fine, Masao, che aveva come unica desolante prospettiva quella di una solitaria estate a Tokyo, avrà una serie di coloratissime "istantanee" da conservare nella memoria, ma più ancora Kikujiro scoprirà una voglia di paternità e un amore per la vita che la sua condizione di reietto, di rifiuto della società, gli aveva soffocato da tempo (e l'estate, ribaltando quello che è il classico racconto di formazione, è soprattutto sua, come viene messo bene in evidenza dal titolo stesso).
Kitano usa lo stile dei cartoons e soprattutto delle vecchie comiche, con un grande uso delle ellissi, dei campi lunghi e dei fuori campo spiazzanti al fine di ottenere esilaranti effetti comici. Il risultato è di una semplicità, come dicevo all'inizio, infantile, ma sotto la superficie si avverte un lavoro di ricerca formale elaborato e complesso (vedi l'immagine riflessa sul cerchione dell'automobile in moto e la soggettiva della libellula). L'esito in ogni caso è memorabile e commovente (pur senza l'utilizzo di ricattatori stratagemmi sentimentalistici e nonostante che il regista sembri tirare il film a lungo, da un falso finale all'altro), e l'immagine ottusa e svanita di Beat Takeshi o la bellissima musica, insieme orientaleggiante e moderna, di Joe Hisashi sono tali da non dimenticarsi facilmente.