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IL FILO NASCOSTO regia di Paul Thomas Anderson

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kafka62     8½ / 10  05/03/2018 21:39:17Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Paul Thomas Anderson, tra tutti i registi odierni, mi sembra l'unico che possa essere a buon diritto considerato l'erede di Stanley Kubrick. I suoi film sono di fattura formalmente ineccepibile e frutto di un lungo lavoro di preparazione tecnica, sono diversissimi gli uni dagli altri per ispirazione, storia e ambientazione, e soprattutto tutti quanti, pur nella loro leggibilità immediata, sono anche veicoli di interpretazioni e significati "altri" rispetto a quello che vediamo scorrere sullo schermo. "Il filo nascosto" rispecchia emblematicamente tutte queste caratteristiche (ed inoltre mi sembra che, nelle sequenze degli spostamenti in auto del protagonista, citi esplicitamente "Arancia meccanica"). La storia, ambientata nella Londra degli anni '50, del sarto Reynolds Woodcock, perfezionista e maniacalmente dedito al suo lavoro, i cui virtuosistici talenti sono contesi da nobildonne inglesi e principesse straniere, e della indossatrice Alma, da lui scelta come musa e modello di perfezione cui ispirarsi, plasmata giorno dopo giorno dalle sue intransigenti e pedantissime regole fino a farla aderire come un guanto alla sua vita quasi claustrale, questa storia – dicevo – si fa latrice di un discorso sui rapporti di forza e di potere, basati sul dominio psicologico e la sottomissione inconscia, che si instaurano normalmente in qualsiasi coppia. Alma, che al suo ingresso nella casa, accolta dalla fredda e inquisitrice sorella-direttrice Cyril, assomiglia alla prima moglie dell'hitchcockiano "Rebecca", ben presto entra in una spirale fassbinderiana di sottile sadismo e di impercettibili crudeltà psicologiche (come nella scena in cui viene rimproverata per il suo modo rumoroso di fare colazione, disturbando la concentrazione di Reynolds). Dentro inquadrature raffinatissime che sembrano "tableaux vivants", Alma sembra così destinata ad essere la vittima predestinata di una lotta impari e già decisa dai rapporti di forza iniziali, lui ricco, affascinante, sicuro di sé, sentimentalmente tetragono e indisponibile a cambiare foss'anche di una virgola la propria routine quotidiana, lei giovane, ingenua, adorante e soprattutto innamorata. Il film di Anderson scarta però in maniera inaspettata dai classici binari che parevano destinati a condurlo verso un tradizionale finale da elegante melodramma alla James Ivory. "Il filo nascosto" si erge invece a intelligente e inedita metafora del rapporto amoroso tout court, in cui desideri di supremazia e istinti di sottomissione, sadismo e masochismo, passione e morbosità, volontà di controllo della vita altrui e passiva regressione a stati di infantile impotenza, si mescolano tra loro in maniera del tutto imprevedibile, accompagnando il film verso esiti originali e sorprendenti. Dopo una prima metà molto controllata e apparentemente statica, fatta di inquadrature di una perfezione quasi calligrafica, la pellicola esplode in sequenze di straordinaria tensione emotiva (soprattutto la scena in cui Reynolds e Alma si incontrano alla festa di Capodanno e quella in cui Reynolds mangia la frittata di funghi cucinatagli dalla ragazza), che la macchina da presa di Anderson ritrae con una sensibilità quasi alla Wong Kar-wai e in cui Daniel Day-Lewis ci delizia, probabilmente per l'ultima volta, con le sue straordinarie qualità di attore. Con l'apporto fondamentale di una freschissima Vicky Crieps a fare da deuteragonista, una musica che tra la partitura originale di Johnny Greenwood e brani classici come il trio n° 2 di Schubert crea una atmosfera di estenuata raffinatezza, e una sceneggiatura tanto perfetta che si stenta a credere sia una creazione originale dello stesso regista e non sia tratta invece da un romanzo di Henry James, "Il filo nascosto" è un capolavoro destinato a rimanere nel tempo come una delle più audaci e psicologicamente convincenti riflessioni sulle complesse e intricate dinamiche sentimentali di coppia mai raccontate sul grande schermo.