caratteri piccoli caratteri medi caratteri grandi Chiudi finestra

FABRIZIO DE ANDRE' - PRINCIPE LIBERO regia di Luca Facchini

Nascondi tutte le risposte
Visualizza tutte le risposte
JOKER1926     6 / 10  15/02/2018 02:06:14Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Un personaggio di grandissimo fascino come Fabrizio de André, prima o poi, meritava una rappresentazione cinematografica. Il tributo serve soprattutto per un semplice processo di devozione all'artista, difficile creare qualcosa di molto attendibile, e allo stesso tempo, profondo.

Luca Facchini si avventura in un'impresa titanica, "Fabrizio de André principe libero" è il titolo del film; il prodotto italiano è uscito per qualche giorno nelle sale, poi è passato in televisione. Si tratta, grosso modo, di una sorta di fiction partorita per il piccolo schermo, ma non è affatto questo il problema.
Col lavoro della regia di Facchini emerge, bisogna dirlo, un dignitosissimo lavoro e una grande passione nel creare scene e sequenze attendibili ed ammalianti. Insomma sul versante tecnico il prodotto si gioca le sue carte. Risultano essere apprezzabili le scenografie, la fotografia (da fiction) e anche gli attori. Un plauso va comunque fatto a Luca Marinelli, l'attore cerca, in ogni modo, di rammentare, attraverso sguardi e smorfie, il grande cantautore genovese. La cosa era difficile, i risultati sono buoni.

In pratica la confezione artistica è soddisfacente, per quanto concerne, invece, il contenuto e l'elaborazione, nasce qualche difetto alquanto pesante.
"Fabrizio de André principe libero" si sforza di dipingere la biografia del poeta/cantante, lo fa in modo più o meno lineare, fra pregi e tanti difetti. La regia si focalizza , estremamente, sulla vita di de André, la sua Genova, i vicoli e le amicizie. Al di la del recinto sociale, in cui militava con disinvoltura l'artista, è evidenziata la vita (strettamente privata) del cantautore. Scorre alcool e fumo di sigarette.
Fari puntati sugli estremismi e sul modus vivendi di de André, la cosa alla lunga, a nostro giudizio, stanca. Intorno ai grandi nomi del novecento, ma non solo, si cerca di creare (o di rammentare) quell'alone di cupidigia e drammaticità. Fra la retorica e l'esercizio di stile.

L'idea critica è che il film doveva (e poteva) snocciolarsi più sul versante ideologico ed artistico; la durata di 180 minuti circa era idonea per approfondire temi pregnanti e le canzoni del genovese. Nella fattispecie notiamo molta superficialità.

Manca l'approfondimento intorno alla creazione di "Amico fragile" (canzone fondamentale dell'ideologia di Faber), manca (clamorosamente) una introspezione sull'album "Storia di un impiegato", summa del pensiero di De André.
Il lavoro di Facchini verte, quindi, sul lato meno interessante e meno opportuno; subentrano in scena passaggi a vuoto e momenti morti che gravano perentoriamente sul ritmo della produzione. Si poteva far molto meglio.