caratteri piccoli caratteri medi caratteri grandi Chiudi finestra

IL SACRIFICIO DEL CERVO SACRO regia di Yorgos Lanthimos

Nascondi tutte le risposte
Visualizza tutte le risposte
olikarin     8½ / 10  03/09/2018 01:20:39Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
I film di Lanthimos sono freddi e cinici ma sinceri. Credo sia impossibile sentirsi ingannati davanti alla loro visione, c'è qualcosa di autentico seppur folle per certi versi. Il regista greco ha uno stile tutto suo e ben riconoscibile: si destreggia abilmente dietro la macchina da presa attraverso cui sbatte in faccia allo spettatore la propria visione del mondo. I dialoghi non sono imbastiti di inutili giri di parole ma sono asciutti ed incisivi. La colonna sonora sostiene sempre l'atmosfera: inquietante e a volte disturbante ma sempre azzeccata. Talvolta è assente, come quando Steven fa il tragitto in macchina per arrivare a casa di Martin.

La prima metà del film è perfettamente calata nella realtà, la seconda invece è permeata di influenze surrealiste. Come ho letto da qualche parte non è che ci domandiamo perché nei film di Buñuel accadono certe cose, succedono e basta. Tutto è funzionale all'obiettivo di Lanthimos che non pensa tanto a questi dettagli quanto a sviluppare i concetti di giustizia, vendetta e senso di colpa rifacendosi alla tragedia greca. Il titolo allude chiaramente al sacrificio di Ifigenia che, prima di essere uccisa, viene sostituita da Artemide con una cerva. Ancora una volta, come già in Kynodontas, il regista si concentra su una famiglia e sul suo debole equilibrio minato da qualcuno che non ne fa parte.

La regia è statica: Lanthimos sfrutta i campi lunghi per riprendere da lontano luoghi e persone. Ciò che racconta arriva allo spettatore come un pugno al cuore, nudo e crudo, senza sentimentalismi né delicatezza. Emblematica la prima scena che catapulta il pubblico in maniera immediata dentro la storia. Scava nell'interiorità dei suoi personaggi attraverso alcuni primi piani ma soprattutto tramite gli sguardi, i gesti e i non detti. È essenziale, lavora più per sottrazione che per aggiunta. Non spiega ogni dettaglio che mostra, sta a noi interpretarlo. La scena in cui Steven si aggira per i corridoi dell'ospedale col figlio in carrozzina ricorda Shining: Lanthimos si avvicina molto a Kubrick senza però dare l'impressione che quella citazione (sempre se lo è) sembri una banale scopiazzatura, della serie: "oh guarda, sembra Kubrick!"

Ebbene sì, Yorgos è un regista anti-convenzionale. "The killing of a sacred deer" è un prodotto di grande qualità, realizzato con un ottimo cast, al di là di alcune imperfezioni: ad esempio il fatto che, dopo il sacrificio, tutto sembra tornare alla normalità abbastanza in fretta. Ma, in fondo, è questo il suo modo di fare cinema: nessuna scena strappalacrime, nessun eccesso. È tutto interiorizzato e apparentemente pacato ma allo stesso tempo sconvolgente. Niente è banale, non credo che il particolare del ketchup sulle patatine fritte sia casuale, se letto in chiave simbolica.

Lanthimos è un regista che spicca nel panorama cinematografico contemporaneo ma bisogna avere un certo stomaco per amarlo. Non è per tutti. Il suo stile è glaciale, disturbante ed inquietante. È un regista che sa rivelare in maniera onesta i lati peggiori della natura umana senza essere ridondante o melodrammatico. È in grado di colpire e scuotere gli animi. Ed è questo che il cinema deve saper fare.