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IL COMMISSARIO LO GATTO regia di Dino Risi

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denial     9 / 10  05/02/2017 00:45:48Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Nel pomeriggio odierno di un triste sabato in città senza un amico da chiamare, tra sigarette e birre, mi perdo nella visione di questo film. Perdonerete l'incipit alla H.S. Thompson, ma non ne potevo fare a meno.

Il voto, naturalmente, è da leggere all'interno di un contesto più limitato, non nell'intero arco della storia cinematografica, ma in uno spazio del cinema d'evasione. Eppure non è solo cinema d'evasione perché il Maestro Dino Risi riesce a cucire su Lino Banfi un personaggio che si contraddistingue per una sua tridimensionalità e per uscire dagli stilemi tipici del nostro amato interprete di Oronzo Canà. Non interessa la trama, forse: il genere "giallo" è solo sfiorato, un modo per misurare le capacità interpratative di Lino Banfi, seguito da una ragia asciutta e senza fronzoli che solo raramente si lascia andare in qualche, giustificata e ammirata, concessione stilistica. Con il cappello che riecheggia Humphrey Bogart e il tentativo di assurgere al Philippe Marlowe de Il grande sonno, Lino Banfi riesce attraverso la scoperta di una vena malinconica e intimista a dare voce a un personaggio pirandelliano, comico e struggente, ridicolo e profondo.
Il grande amore perduto, la provincia più remota dell'Italia, le velleità di carriera, fanno da sfondo alla storia del Commissario Lo Gatto, che aiutato da un inappuntabile e macchiettistico poliziotto (Maurizio Ferrini) e da un giornalista d'assalto, zoppo e disilluso (Maurizio Micheli), riesce alla fine a venire a capo al mistero di un assassinio, i cui risvolti mostrano tutte le ipocrisie della borghesia e del ceto medio italiano.
Le caratteristiche smorfie e arrabbiature di Lino Banfi sono disseminate con grande puntualità nel film a smorzare quell'attitduine di tristezza che è insita nel personaggio e che, al contempo, riesce a restituirgli un grande spessore umano.
Forse un film sottovalutato, uno di quelli che non si cita nelle accademie quando non si parla di Dino Risi; e non si cita al bar quando si parla di Lino Banfi. Ma che in una cena, dopo un bicchiere, o forse due, si (ri)guarda volentieri per sorridere amaramente.