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CHIAMAMI COL TUO NOME regia di Luca Guadagnino

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Gruppo STAFF, Moderatore Jellybelly     4½ / 10  12/02/2018 10:46:53Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
ATTENZIONE: Questo commento sarà pieno di spoiler, quindi se non volete rovinarvi la visione fermatevi qui.

Non trovo particolare piacere nell'andare controcorrente, ma per quanto mi sforzi non riesco a trovare nulla che mi sia piaciuto di questo film, che ho trovato di una pochezza disarmante.

Anzitutto, la prima mezz'ora è "Io ballo da sola" in salsa gay, sia concettualmente che soprattutto visivamente, al limite del plagio. Addirittura la piscina è identica, così come le ripetute scene che la riguardano. E se qualcuno aveva rivolto proprio al film di Bertolucci (quello sì, un capolavoro) l'accusa di essere uno spottone per la campagna toscana ad uso e consumo degli americani, il film di Guadagnino è praticamente una guida del Touring Club per americani panzoni col pizzetto ed il cappellino da baseball: anziani sorridenti che donano primizie, gentili perpetue che fanno pasta fresca ("Oh, ma sono proprio tortelli cremaschi quelli che state facendo!", dice una cremasca ad altre signore cremasche, come se un ascolano chiamasse "olive ascolane" le proprie olive, o un pugliese "Orecchiette pugliesi" le proprie orecchiette: i nativi di un posto non parlano così dei propri prodotti), gente allegra e sorridente, campagne e tramonti e cartoline in movimento.

Ma questi sono peccatucci veniali: superata la prima mezz'ora da cartolina, infatti, il film prende piede e diventa semplicemente inguardabile per la propria sciatteria. Nessun personaggio gode di alcuna caratterizzazione: abbiamo i due protagonisti, un ragazzino 17enne ed uno studioso 24enne, che sviluppano una relazione omosessuale. Tra i due, il regista vorrebbe suggerire che sia (ovviamente) il più grande ad avere una maggiore consapevolezza della propria sessualità, ed infatti è lui, Oliver, che per primo fa delle tiepide ma incisive avance verso Elio, il più piccolo, massaggiandogli una spalla nuda e turbandolo impercettibilmente. Ora, la regia non suggerisce minimamente che il ragazzino avesse già avuto pulsioni omosessuali, ed anzi il ragazzino sarebbe combattuto tra l'attrazione per il ragazzo più maturo e quella per una sua coetanea. In una tale situazione uno si aspetterebbe la messa in scena di un conflitto interiore, di un momento di maturazione fondamentale, soprattutto a quell'età. Parimenti, uno si immaginerebbe che anche da parte di Oliver dovrebbe sorgere qualche conflitto per il fatto di provare attrazione per un minorenne. Invece no, niente, zero conflitti, zero ferite, zero sviluppi: tutto accade solo perché deve, ed i due si muovono per 2 ore di film come figurine eterodirette, senza mai tradire il minimo sentimento, il minimo pathos, la minima profondità. Chi ha messo 8 o 9 a questo film veramente non vede la differenza tra questa storia, questi dialoghi, questi personaggi bidimensionali e la storia, i dialoghi ed i personaggi di Brokeback Mountain? siamo veramente caduti così in basso qualitativamente da aver dimenticato che il film di Ang Lee è il modello di riferimento per raccontare le emozioni di una relazione amorosa, prima ancora che omosessuale?

E l'assenza di conflitto e di profondità non caratterizza solo la relazione tra Elio ed Oliver, ma tutte le interazioni del film: abbiamo una ragazzina innamorata di Elio ed un'altra invaghita di Oliver. Elio va contemporaneamente con Oliver e con questa ragazzina, senza tradire (anche in questo caso) il minimo dissidio interiore: lo fa e basta, perché gli va, senza porsi né il problema di come questo possa far sentire Oliver, né di come questo possa far sentire la ragazzina. Lei è persa di lui, e gli dice che sa che lui la farà soffrire. Ad un certo punto, lui semplicemente la scaga con una scrollata di spalle, e lei se ne va via ferita ed umiliata. Bene, a questo punto uno spettatore navigato pensa che il conflitto, che la ferita possa nascere dalla consapevolezza di aver fatto soffrire inutilmente una ragazza innamorata: e invece niente, a fine film è lei che si riavvicina a lui perdonandolo come se niente fosse, senza che lui dica una parola. Ennesima figurina messa lì per esaltare la ****ggine di Elio. Idem la ragazzina invaghita di Oliver, che resta poco più che tappezzeria ed accetta tutto quello che succede con una passività irrealistica.

Sempre su Elio: è un personaggio fasullo, un Gary Stu irritante e vuoto, nonostante l'ottima prova di Thimotée Chalamet. Ha 17 anni ma un talento fuori dal comune con il pianoforte, legge classici e poesie, rimorchia quanto e come vuole. Oh, ed è onnisciente: "c'è qualcosa che non sai?", gli dice Oliver in una delle scene migliori (registicamente) e peggiori (dal punto di vista dei dialoghi) del film. Questa caratterizzazione è sciatta e svogliata, figlia di un modo di fare cinema vecchio e ridicolo, in cui si ricorreva al trucchetto di piallare ogni increspatura di un personaggio per non affaticarne la scrittura.

Oliver è vagamente migliore, ma solo perché alla premiata coppia Guadagnino/Ivory non interessava più di tanto: il suo ruolo è un po' quello dello straniero misterioso in stile Teorema, non se ne deve sapere granché. Anche in questo caso, però, il suo essere meraviglioso e speciale viene ripetuto in continuazione da tutti gli altri personaggi di contorno, che in questo trovano la propria giustificazione. Non è mai un buon segno quando uno sceneggiatore sente la necessità di far ripetere a tutti i personaggi di contorno quali siano le caratteristiche del protagonista: vuol dire che non è stato sufficientemente bravo a mostrarle in modo meno didascalico.

A far da cornice, gli inesistenti personaggi secondari, genitori di Elio su tutti. per tutto il film ricoprono il ruolo dei rassicuranti bonaccioni innamorati, ma assumono rilevanza verso la fine: innanzitutto con l'inverosimile dialogo col quale mandano il figlio a trascorrere due giorni con Oliver a Bergamo, che fa più o meno così:

Padre: "Domani Oliver parte per Bergamo, dove trascorrerà un paio di giorni a fare ricerche all'università per poi dirigersi direttamente a Milano per prendere il volo per l'America."
Madre: "Che peccato, ma come farà Elio? Mandiamolo con lui"
Padre: "Ottima idea"

Ora. Nel mondo reale, se un ricercatore universitario vuole andare in un posto per fare ricerca universitaria, non gli molli appresso un 17enne. Non ti viene proprio in mente; non fosse altro perché se il ricercatore ha deciso di ritagliarsi quei due giorni è perché evidentemente gli servivano per studiare, non per fare da babysitter ad un ragazzino (questo immaginando che i genitori – o perlomeno la madre – non sospettassero nulla: in caso contrario la pantomima tra i due genitori suonerebbe ancora più fuori luogo). Tralasciamo poi il fatto che in quei due giorni di università e biblioteche non si vede nemmeno l'ombra: i due passano il weekend in giro per i monti, ed a quel punto vien da chiedersi quale fosse il senso di andarsene da Crema due giorni prima.

Ma il clou del vuoto pneumatico si ha col discorso finale del padre al figlio, completamente irreale e stucchevole nella sua falsità: un genitore ebreo (PS: il fatto che i protagonisti fossero ebrei si rivela essere del tutto ininfluente rispetto alla trama, con buona pace della regola della pistola di Checov) che scopre che il figlio 17enne ha una storia con un 24enne non reagirebbe così oggi, figurarsi negli anni '80. L'intero dialogo è completamente finto, oltre che ovviamente privo di conflitti o ferite, come tutto il resto di questo insipido film.

Prima di concludere con le uniche due note positive del film (oltre alla già citata interpretazione di Chalamet), le ultime due note negative: una ingenua e l'altra gravissima.

Quella ingenua riguarda l'ambientazione anni '80, gestita in modo decisamente impreciso: le uniche macchine che si vedono circolare sono vecchie utilitarie tipo 126, 127 o 500, che negli anni '80 erano già pezzi di antiquariato, e se la regia non indugiasse ogni 3x2 sulle prime pagine di quotidiani d'epoca che parlano di Craxi e PSI non si avrebbe la minima percezione dell'ambientazione. Anche qui, ci sono miriadi di prodotti che, senza nemmeno dirlo, ti trascinano nell'epoca in cui ambientano i film. Senza scomodare Stranger Things, è sufficiente vedere il lavoro fatto in Donnie Darko un bel po' di anni fa: provate a paragonare la naturalezza del dialogo a tavola in cui la famiglia Darko discute dello scontro elettorale tra George H. W. Bush e Michael Dukakis con il dialogo fasullo a tavola nel film di Guadagnino con degli ospiti senza nome che recita quasi letteralmente così: "Ma tu cosa ne dici di questo scandalo del pentapartito?!" "Beh, è il compromesso storico". Io c'ero negli anni '80, a tavola non si parlava così: queste sono rielaborazioni da editorialisti del Corsera.

Se questa però è un'ingenuità tutto sommato scusabile, la scena più emblematicamente ignobile del film è quella della pesca.

In sintesi, abbiamo Elio che fantastica su Oliver, ed a quel punto prende una pesca e la stuzzica col dito con chiara allusione sessuale. Ove però l'allusione non fosse di per sé sufficientemente esplicita, Elio affonda sempre di più il suo dito nella pesca fino a farne fuoriuscire il succo. A questo punto potrebbe anche bastare, e invece no: Elio estrae il nocciolo e si infila la pesca nelle mutande. Dopo aver abusato del povero frutto, lo appoggia sul comodino. A quel punto la volgarità del tutto gratuita e priva di poesia di un film che si vorrebbe poetico e sensibile avrebbe già raggiunto l'acme, e invece no, perché arriva Oliver e cosa fa con la pesca? Ovviamente se la vuole mangiare per non sprecarne il Sacro Succo.

E' una scena bruttissima cinematograficamente, e non tanto perché esplicita (la scena della masturbazione in Happiness di Solondz lo è molto di più, ma è perfetta) ma perché fuori contesto, ridicola, volgare in modo gratuito e fuori contesto. Una roba da cinepanettone, una roba che verrebbe in mente a Neri Parenti. Ma d'altra parte è tutta la sceneggiatura di questo film che fa schifo, e non stupisce che la firmi James Ivory: un ex grande regista 90enne che non gira un film da quasi 10 anni e che non gira un bel film da oltre 20 anni. Non nascondiamoci dietro ad un dito: Ivory non è più lui da fin troppo tempo perché il suo nome diventi di botto sinonimo di qualità, oggi.

E veniamo alle due cose buone del film, le uniche per quanto mi riguarda (oltre al protagonista): le musiche di Stevens (che grande spreco) ed i bellissimi titoli di coda davanti al fuoco, guardacaso unico momento in cui c'è un briciolo di sentimento autentico, un briciolo di nostalgia, senza bisogno di didascalismi. La stessa regia elegante di Guadagnino (molto lodata) è a mio avviso eccessivamente paracula e stucchevole. Senza scomodare il solito Sorrentino (la grande bellezza non è il suo film migliore, ed ha comunque consegnato alla storia del cinema almeno 3 scene), riguardatevi i primi 10 minuti di Reality di Garrone: quella è una regia al servizio della storia, che fa la differenza. Quella di Guadagnino va bene per gli spot della regione Lombardia, se gli va bene.

Insomma, nel complesso un film da buttare, inspiegabilmente catapultato in una dimensione più grande di lui, da cui temo uscirà con la coda tra le gambe. O meglio, me lo auguro, perché il cinema italiano non ha bisogno di sentirsi figo con film così vuoti: ha bisogno di sceneggiatori ed autori che sappiano raccontare una storia, e sappiano farlo bene.
Larry Filmaiolo  12/02/2018 16:18:51Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
c'hai ragione da vendere
Gruppo STAFF, Moderatore Kater  12/02/2018 20:37:13Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Ah, dimenticavo: non si possono dare voti distanti dalla media senza adeguata giustificazione. Motiva il tuo voto altrimenti il commento verrà cancellato.
adrmb  12/02/2018 15:24:30Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Comunque non ho visto il film di Ang Lee, ma 'La vita di Adele' sì, e anche quello parlava delle pulsioni di un'adolescente verso una ragazza più grande, ma era sceneggiato tremila volte meglio a mio avviso, con tutti i turbamenti del caso che qui semplicemente mancano (ridicola la ragazzina che non dà di matto dopo la friendzone, io me l'aspettavo)
adrmb  12/02/2018 15:20:54Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Ora lo stampo e riquadro in camera. G r a z i e.
Gruppo STAFF, Moderatore Kater  12/02/2018 19:53:10Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Una cosa ti voglio dire subito: grazie per questo commento. Grazie perché, leggendolo, ho fatto chiarezza nel mio pensiero a riguardo e capito cosa non mi ha convinto di questo film.
Non lo volevo andare a vedere, mi pareva una cag.ata, però poi i “bello bellissimo” degli amici, i commenti di Filmscoop, le candidature all’Oscar e il martellamento mediatico mi hanno persuaso che forse valeva la pena smenarci qualche euro. Devo dire che subito ho pensato non fosse male (forse perché dentro di me credevo fosse molto peggio) ma ha continuato a non convincermi senza però saper dire esattamente perché. Grazie al tuo commento ora lo so, è un film senza anima e io stessa l’ho riempito di ciò che mancava. Questo film ha ambizioni autoriali che però non vanno oltre la confezione: non emoziona mai, non ha mai quel guizzo che ti prende e commuove, non riesce mai a farti entrare nel suo mondo tranne che, come hai giustamente sottolineato tu, nel finale, proprio nell’ultimissima sequenza, i titoli di coda, la scena più emozionante del film.

Ci sono però 2 cose che non mi trovano d’accordo:
-
- Presa di coscienza della proprio omosessualità (o bisessualità) da parte di Elio. Non trovo così strano il fatto che vada con delle ragazzine, soprattutto negli anni ’80 non è che si parlava di omosessualità come ora, e molti dei miei amici gay hanno avuto delle esperienze con coetanee, vuoi perché non gli era chiaro ciò che provavano, vuoi per curiosità, vuoi per incertezza, vuoi per paura. I gay erano figure perlopiù scheccanti modello Vizietto nel sentire comune, e ricordiamoci sempre la mitica frase di Ovosodo: “un congiuntivo in più, un dubbio esistenziale di troppo e venivi bollato per sempre come finocchio”. Non credo inoltre che una certa sensibilità nei sentimenti sia prerogativa dell’adolescenza almeno come manifestazione, adesso c’è una “educazione” alla sensibilità ma allora eri perlopiù scaz.zato, o almeno così volevi apparire. Diciamo che in questa parte del film c’ho messo del mio, non ho trovato particolarmente stonata questa indifferenza, però come giustamente dici questo è un film e, come spettatore, come perfetto voyeur della celluloide, era dovere mostrarmi una esitazione, un turbamento, un dubbio. Io credo che le tendenze gay di Elio si vedano da subito, ma non si capisce se sia attrazione omosessuale o narcisismo, non si vive il suo conflitto, non va a fondo, non colpisce, non scava. In ogni caso ho trovato più irritante Oliver, la cui posizione non si comprende mai a fondo.

- Ricostruzione anni ’80. L’ho trovata la cosa migliore del film. Lasciando da parte il dialogo irrealistico degli amici dei genitori a tavola le atmosfere c’erano tutte: i bar, i vestiti, quei dj set assurdi che allora non si chiamavano così, le pettinature, tutti che fumavano… io ho apprezzato.


Per altri aspetti invece concordo in pieno. Orribile la sequenza della pesca, volgare e inutile. I genitori sono assurdi come è assurda tutta l’aura da genietto di Elio. Quando ho obiettato: minchia però, a 17 anni non è un po’ troppo? La risposta è stata: ma lo vedi che famiglia è, sua madre legge le favole in tedesco. Ed è questo il problema, pochi dialoghi o scene atti a giustificare tutto, soprattutto le cose assurde. La famiglia ebrea, colta, tollerante, aperta dovrebbe giustificare i dialoghi surreali e la stessa personalità di Elio e quindi Elio di se non ci dice nulla.
Discorso finale del padre… irrealistico come non mai. Anche qui, alla mia obiezione, mi è stato risposto che è identico a come sta scritto nel libro. Vabbè, ma cosa vuol dire? So che anche tu, come me, consideri libri e film esperienze da vivere separatamente.

Concordo anche su Ivory, per me morto cinematograficamente con “quel che resta del giorno” (un capolavoro).
Insomma alla fine Guadagnino cerca di elevarsi ad “autore” ma è un po’ un vorrei ma non posso, e questa cosa sta diventando una mania in Italia, guarda anche paolo Genovese.

Vorrei aggiungere, rischiando l’impopolarità, che secondo me per la candidatura all’Oscar ha contribuito la tematica, perché adesso i gay mi vanno alla grande, quindi forse un attimo di paraculaggine? E tu sai che io dico questo senza il minimo pregiudizio di sorta.
marcogiannelli  19/02/2018 10:22:13Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
In love with Jelly
The Jack  13/03/2018 16:19:20Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Direi che quasi inevitabile massacrare questo film per i suoi rimandi a Bertolucci, uno dei riferimenti del regista. Così come lo si poteva accusare di avere plagiato Sorrentino per certi movimenti e le canzoni dei talking heads. Ha pescato anche dallo splendido Brokeback Mountain, che per quanto bello non credo debba mettere fine ai film sull'amore tra uomini.
Si, in BBM la dinamica relazionale è rappresentata in modo chirurgico e perfettamente credibile, ma citare neri Parenti perché un 17enni si masturba nella sua intimità con una pesca mi sembra ardito. Credo che non ci sia 17enne che d'estate non sia stato in preda agli ormoni, alle fantasie .. a pesca stava li sul comodino, ci può stare dai, proprio perché fuori contesto, per rompere la linearità.

Comunque, tralasciando le premesse, per molti aspetti inappuntabili, ciò che non capisco sono le conclusioni a cui arrivi. Mi pare esserci una forma di pregiudizio generalizzato, proprio perché ci sono dei rimandi o qualche oggettiva semplificazione (come quella del tortellino cremasco o del compromesso storico ad esempio)

Sicuramente non c’è la maestria dei grandi, ma non mi sentirei mai di considerarlo un film insufficiente, proprio per alcune cose ben fatte che secondo me son state colte in modo sbagliato.

La ragazzina.
Elio sta esplorando la sua natura, la sua omosessualità, vive un conflitto tra l’abitudine (piacere alle ragazzine) e l’ignoto desiderio per Oliver. Anche se la regia non indugia sul conflitto, lo si può cogliere benissimo.
Dopo essersi dato ad Oliver lui si giustifica, si "perdona". Ha finalmente accolto il suo essere gay. A quel punto l’avrebbe tradita se non fosse diventato ciò che sentiva dentro. Per questo poi lei lo scagiona o meglio lo comprende. In questa e in altre situazioni si intuisce come la madre di Elio faccia da impicciona mediatrice.

Il week end.
I genitori ben sapevano della relazione, lo si vede anche, quindi la madre è complice (e non senza responsabilità) di quel weekend. Di fatto si fida di Oliver e lascia al figlio la libertà di scegliere. Cosa vuoi che faccia un 17enne innamorato? Starà male? Certo che starà male, starà male ugualmente visto che Oliver deve rientrare negli USA. Ma visto che i genitori lo lasciano libero di esprimere la sua sessualità, ma anche la sua personalità, saranno liberi anche di aiutarlo e stargli vicino quando tornerà a casa a pezzi.

Il discorso del padre.
Una delle cose migliori. Son quei passaggi di un libro che emozionano talmente tanto che poi si fanno i film.
“Rinunciamo a tanto di noi per guarire più in fretta del dovuto, che finiamo in bancarotta a trent'anni e ogni volta che ricominciamo con una persona nuova abbiamo meno da offrire. Ma non provare niente per non rischiare di provare qualcosa... che spreco!”
Per carità, ogni discorso consolatorio è in quota parte retorico. Ma che siano genitori “moderni” è evidente da subito.. intellettuali, liberi, artisti, hanno amici gay da sempre. Il padre semplicemente dice al figlio di non chiudersi, di rendersi conto che quello che ha provato è meraviglioso e che c’è chi non lo prova mai in tutta la vita. Lui compreso.

Non credo sia privo di sbavature e concordo su molte sbavature e rimandi a cui hai fatto riferimento, ma ritengo che ci sia un'anima di fondo che lo rende un buon film.
gano  23/02/2018 13:38:47Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Gran bel commento e soprattutto lucido. Il fatto che fossero Ebrei è servito solo a farlo candidare agli Oscar. Altrimenti un film del genere manco in cartolina li vedrebbe gli acadaemy awards.