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AFFLICTION regia di Paul Schrader

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kafka62     6½ / 10  27/04/2018 11:54:09Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Il cinema americano ("Tempesta di ghiaccio", "Fargo", "Il dolce domani") ha spesso utilizzato i paesaggi invernali del Nord America in funzione metaforica, per rappresentare un gelo che è soprattutto interiore, esistenziale. Dallo stesso autore da cui è stato tratto il film di Egoyan sopra citato è questo "Affliction", ambientato in un New Hampshire imbiancato da continue, interminabili nevicate. Al centro del film di Schrader, da sempre attratto – nonostante l'impiego costante di trame poliziesche – da temi come la Grazia, il Peccato e la Colpa, è il rapporto conflittuale, edipicamente irrisolto, tra un figlio (Nolte) e il vecchio padre, ubriacone e manesco (Coburn). Il confronto tra i due raggiunge livelli di epica grandezza, racchiuso com'è in un circolo vizioso di odio, violenza, cose non dette e lasciate marcire per lunghi anni, una gabbia in cui l'assenza di qualsiasi dialettica positiva crea una progressiva implosione, che non può non concludersi nella morte, per nulla catartica, di uno dei due (come nella "Condanna" kafkiana, anche se qui a morire è il genitore). Il fatto è che entrambi sono semplici anelli di una lunga, atavica catena di violenze subite e poi a propria volta fatte subire, una sorta di maledizione maschilista cui è quasi impossibile sottrarsi, anche se, come Wade, ci si illude di esserne immuni. A raccontare tutto ciò è il fratello minore (Dafoe), quello che incarna la salvezza di potere un giorno spezzare questa catena, sebbene in un film psicanaliticamente così ben costruito il suo discorso finale suoni fastidiosamente retorico, oltre che ipocrita (non è forse lui a insinuare a Wade l'idea del complotto che starebbe dietro all'incidente di caccia?). I numerosi problemi (familiari, lavorativi e persino di salute) di Wade sono poi indubbiamente funzionali alla creazione di uno stato di impasse senza vie d'uscita, di un cul-de-sac autodistruttivo, ma che a far traboccare il vaso sia la goccia rappresentata da un meccanismo giallo francamente contorto e pretestuoso mi sembra che appesantisca oltremodo (proprio laddove vorrebbe invece renderlo avvincente) un film per altri versi interessante e girato con un sobrio senso del dramma.