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LA FORMA DELL'ACQUA - THE SHAPE OF WATER regia di Guillermo del Toro

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kafka62     7½ / 10  12/03/2018 21:00:33Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
La favola tragica di Del Toro si inscrive all'interno di coordinate storico-culturali diametralmente opposte: da una parte il musical, il tip-tap, il cinema popolare dei primi anni '60, e quindi il volto ottimista e rassicurante dell'America kennedyana, dall'altra la guerra fredda, lo spionaggio, la competizione con l'Unione Sovietica per la conquista dello spazio, e in sottofondo il razzismo e l'omofobia, e cioè la faccia paranoica e violenta dell'America dei segreti militari e della caccia alle streghe. In mezzo ci sono due "diversi", una donna delle pulizie muta e una misteriosa creatura anfibia catturata dall'esercito, che si incontrano, imparano a comunicare tra loro e, sorprendentemente, si innamorano, aiutati da personaggi altrettanto "diversi" (un amico gay e una collega di colore). Appare chiaro quindi che "La forma dell'acqua", prima ancora che una storia d'amore, è un film sulla diversità e sulla emarginazione in un mondo dominato dal più cinico conformismo (ipostatizzato nel personaggio del cattivo di turno, il sadico colonnello Strickland). La bizzarra parabola di Elisa e del "mostro" anfibio diventa perciò un inno poetico alla libertà dei sentimenti, e più in generale delle idee (la spia russa infiltrata nel laboratorio governativo aiuta ad esempio i fuggiaschi perché si ribella a una ideologia che non persegue il progresso scientifico ma antepone la sconfitta dell'avversario politico al naturale rispetto della vita umana), e questa libertà è in grado di fare miracoli (far crescere i capelli in testa a un calvo o restituire la voce a una muta per farla cantare come la diva di un musical). C'è in questo film molto Spielberg (quello favolistico di "E.T." soprattutto), tanto nella incalzante e avvincente progressione della trama quanto nella definizione manichea ma umanamente precisa dei personaggi, ma la morale de "La forma dell'acqua" è tipicamente di Del Toro, perché il suo illusorio "vissero felici e contenti" è soltanto (come ne "Il labirinto del fauno") una fuga nel sogno che non riesce a cancellare, se non per un attimo di incantata sospensione, tutte le brutture, le crudeltà e le ingiustizie della Storia.