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LA FORMA DELL'ACQUA - THE SHAPE OF WATER regia di Guillermo del Toro

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Invia una mail all'autore del commento tylerdurden73     8 / 10  25/01/2018 09:56:25Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Come già successo ne "Il labirinto del fauno" e nella "Spina del diavolo" Del Toro miscela il fatto storico con altri elementi: in questo caso fantasy di estrazione piuttosto cupa, con spruzzate noir riscontrabili soprattutto nelle scenografie deliziosamente retrò oltre che nel parco utilizzo della luce diurna.
La combinazione è da ritenersi riuscita, nonostante un plot piuttosto prevedibile nei suoi snodi e quindi decisamente avaro per quanto riguarda i colpi di scena; però la storia di Elisa, donna delle pulizie in un laboratorio segreto, muta per via di un drammatico fatto risalente alla sua infanzia, e della creatura anfibia strappata con la forza dal suo habitat e rinchiusa per essere sottoposta a sadici studi, funziona eccome, complice un azione ben articolata e un romanticismo che pur attingendo da un immaginario risaputo stile la bella e la bestia, si spoglia di melensaggini inutili sposando situazioni molto più adulte con scene di nudo/sesso ed altre intrise di violenza.
Detto delle favolose ambientazioni, appare giusto sottolineare i ripetuti omaggi al cinema americano d'annata e più precisamente al musical, inoltre appare impossibile soprassedere sulla soundtrack firmata Alexandre Desplat, mentre gli attori -a partire dalla dolce Sally Hawkins e dal crudele Michael Shannon- offrono prove maiuscole con Doug Jones ad ergersi a sovrano del trasformismo regalando un personaggio a metà tra il mostro della laguna nera e quell'Abe Sapien ben conosciuto dal regista messicano. Il tutto in un contesto in cui la Guerra Fredda domina la scena internazionale, la corsa allo spazio diventa predominante come il progresso sfrenato, ma paradossalmente l'arretratezza sociale impera.
Tra l'ambizione spropositata attraverso cui concretizzare il sogno americano e l'impianto favolistico mirato a criticare la politica americana attuale (più che quella dell'epoca) si inserisce un ka-tet (direbbe Stephen King) di emarginati, una famiglia vera, non fittizia come quella tutta apparenza del responsabile della sicurezza: ognuno a suo modo avvolto da una solitudine in cui si cela la forza per combattere il sistema retrogrado e stigmatizzante. Dal contesto emarginato nasce quindi una storia d'amore difficile a credersi, eppure possibile in quanto basata sulla solidarietà senza secondi fini e soprattutto su sentimenti estranei al pregiudizio, guidati solo da quell'irrefrenabile istinto che spinge verso la naturale ricerca della felicità.