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VITTORIA E ABDUL regia di Stephen Frears

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atticus     8 / 10  20/08/2023 00:43:33Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
La storia è vera, sebbene la famiglia reale inglese abbia fatto di tutto per cancellarla, dopo la morte della regina; poi, nel 2010 il rinvenimento dei diari del Munshi, conservati dai suoi eredi dopo la sua morte, avvenuta nel 1909, sono serviti alla scrittrice indiana Shrabani Basu per la stesura di un saggio storico che ha riportato alla luce l'intera vicenda. Quale? Quella di un'amicizia straordinaria tra l'ormai anziana regina Vittoria d'Inghilterra e il ventiquattrenne Karim Abdul, semplice impiegato che fu prescelto dal regno indiano alla consegna di una moneta commemorativa per il Golden Jubilee del 1887. Nel giro di breve tempo dal suo arrivo, il giovane e aitante indiano divenne una figura di primo piano a corte: insignito del titolo di Munshi, o insegnante, dapprima istruì la regina sulle lingue Urdu e Hindi, poi la sua influenza sulla vita dell'anziana monarca divenne sempre più profonda, al pari se non maggiore di quella che già aveva esercitato su di lei John Brown, un servitore scozzese divenuto suo confidente e intimo amico dopo la morte dell'adorato marito, il principe consorte Alberto, scomparso nel 1861.
Quest'amicizia, giudicata incomprensibile e scandalosa, durò più di dieci anni, fino a quando Vittoria scomparve e suo figlio Edoardo VII fece cacciare Abdul e la sua famiglia dalla corte, eliminando ogni traccia scritta di questa presenza.
Potremmo parlare per ore su quanto il film di un sempre smagliante Frears ricami fiabescamente sull'accaduto; fatto sta che il regista, da sempre interessato a indagare ribellioni alle autorità e integrazioni difficili, porta a compimento un film a dir poco amabile, dove l'elemento fuori dagli schemi non è l'estraneo proveniente da una cultura diversa, bensì la più intransigente delle regine d'Inghilterra, ritratta come un'anticonformista in piena regola, in lotta contro il sistema pur di andare oltre lo steccato del pregiudizio e inflessibile nel portare avanti il proprio volere. La interpreta, per la seconda volta dopo La mia regina di John Madden (1997) un'immensa Judi Dench, capace di passare dalla tenerezza più commovente all'implacabile rigidità contro quei sudditi che osteggiano i suoi ultimi momenti di felicità. La sceneggiatura l'ha scritta quel Lee Hall già artefice del meraviglioso Billy Elliot, il che vuol dire un'evoluzione narrativa piena di squisite gradazioni emotive, in più Frears dirige con la leggerezza dei grandi e gli occhi di Dame Judi fanno il resto. Sarà tutto romanzato? E che importa, ogni tanto è bello farsi cullare da una favoletta.