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CHE DIO CI PERDONI regia di Rodrigo Sorogoyen

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Thorondir     8 / 10  15/01/2024 17:30:15Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Molti psicologi e criminologi sostengono che alla base dell'agire di diversi serial killer ci sia il rapporto avuto con la madre: che sia di assenza o presenza dispotica, asfissiante o addirittura violento, il rapporto madre-figlio nell'infanzia determina spesso il substrato psichiatrico alla base dell'attività omicida di diversi anche tra i più famosi serial killer della storia. Da questa verità suffragata ormai anche dagli studi Sorogoyen parte per un racconto che solo apparentemente è quello di un banale poliziesco incentrato sulla coppia di detective antitetici (l'uno focoso fino alla violenza, l'altro chiuso e metodico): "Che Dio ci perdoni" è un ritratto darwiniano di una Spagna maschilista, violentissima anche nel centro di Madrid (e non solo nelle periferie come spesso visto nel cinema spagnolo più recente), in cui non c'è nessuno spazio per presunti temi sacrali (la religione, che pure fa da sfondo a tutta la vicenda, è insignificante e impotente nell'interrompere la violenza umana): i tre protagonisti principali hanno tutti dei problemi con l'altro sesso, sono intrinsecamente violenti (e c'è un filo che unisce il detective Velarde all'assassino, filo che arriverò fino al finale), ci sono rapporti con le madri troppo stretti o che determinano situazioni che incidono anche a distanza di decenni (la balbuzie), sono sessualmente repressi, incapaci di relazionarsi all'altro sesso se non ricorrendo alla violenza, perché il male è quasi atavicamente un qualcosa che l'uomo, nella sua primordialità (As Bestas?) si porta dietro fin dentro la società contemporanea. Ecco quindi un film cupissimo, ben oltre la storia che racconta, quasi nichilista, brutale, con personaggi semplicemente irredimibili, e con un andamento nervoso fatto di camera a mano (e notevole in tal senso la scena in long take della fuga dell'assassino dal balcone), di suspense data semplicemente da un dialogo o da una lampadina che non funziona, dalla scarsa presenza di soggettive classiche. Per quanto mi riguarda un altro grande film di un regista tremendamente coerente e glaciale nella sua produzione. Peccato per quelli che si limitano a vedere una storia in versione audiovisiva, che guardano un'opera cinematografica come semplice narrazione e che non vanno (forse perché mancanti di strumenti analitici) a comprendere che cosa il film sta dicendo e come lo sta dicendo.