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ALL THE INVISIBLE CHILDREN regia di Mehdi Charef, Emir Kusturica, Spike Lee, Kátia Lund, Jordan Scott, Ridley Scott, Stefano Veneruso, John Woo

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Filman     8 / 10  31/08/2016 15:19:21Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
La difficoltà di produrre un film collettivo perfetto risiede nella rarità di trovare una perfezione media di tutti gli episodi componenti, e TAKE 7 ne è la prova lampante, essendo un film che può vantare pezzi prelibati e pregiati ma che deve anche fare i conti con spezzoni di minore potenza cinematografica. Il delicato tema del mondo minorile abbandonato a sé stesso non viene applicato in modo ruffiano per la stragrande maggioranza della pellicola, comunicando una sensibilità solida e concreta anche quando il dramma sembra essere lievemente forzato dalla trama stessa come in "Jesus Children of America" di Spike Lee. Specificanti bene la varietà geografica e politica messa in scena per conto dell'Unicef sono ad esempio il comunicativo ed emozionante "Tanza" di Mehdi Charef o "Bilù e Joao" di Kátia Lundparla, che a differenza del primo viene configurato in modo meno creativo, più prolisso e maggiormente retorico, e per questo solo il secondo sembra andare alla ricerca della lacrima facile per chi vede situazioni così aberranti, lontane da un mondo ricco e industrializzato. Poco eccezionale anche "Jonathan" di Ridley e Jordan Scott, che presenta la linea narrativa più particolare ma a livello tematico, viceversa, si osserva qualcosa di poco impegnato, seppur il tasso estetico e formale sia scultoreo e personalizzato. I restanti sono piccoli capolavori innalzanti il livello qualitativo del film: il geniale episodio "Blue Gipsy" di Kusturica, che velato da un senso grottesco è estremamente triste e senza mezze misure nella rappresentazione del proprio contesto; il concreto "Ciro" di Stefano Veneruso, un precursore empirico dallo stile audiovisivo semplicemente enorme, cospicuo e meraviglioso; "Song Song and Little Cat" di John Woo, completo, commovente che si ricorda di puntare la bussola verso quell'infelicità senza distinzioni di classe sociale, inscrivendo in un cortometraggio, pura poesia.