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IL CLIENTE (2016) regia di Asghar Farhadi

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olikarin     8 / 10  10/09/2017 23:05:29Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
È il primo film che guardo di Asghar Farhadi: ma "Il cliente" cosa rivela? Realtà o finzione? Realtà nella finzione o finzione nella realtà? O semplicemente le cose così come stanno? Il regista ci mostra con un montaggio alternato la vita di Emad e Raana sia nella quotidianità sia nello spettacolo teatrale. Le primissime inquadrature, che non sono altro che dettagli del set, inizialmente non ci dicono nulla, poi con un graduale allontanamento della macchina da presa questo ci viene svelato nella sua totalità.

Senza troppi giri di parole, il film tratta di una coppia costretta a trasferirsi dal proprio appartamento, per via di problemi strutturali, in uno nuovo, che crea loro diversi problemi: per meglio dire, il problema è la vecchia proprietaria. Ma in realtà la prima responsabile dell'accaduto è Raana stessa e la sua imprudenza. Nonostante sia riprovevole il gesto del "cliente" bisogna riconoscere che la donna ha agito seguendo l'impulso. Il cliente, da cui il titolo, si rivela soltanto un uomo schiacciato dal suo stesso senso di colpa, paradossalmente è un individuo che si finisce per compatire. Non è neppure chiaro se abbia commesso o meno il fattaccio. La pellicola manifesta quanto occulta, spiega e nasconde allo stesso tempo: ciò che fa Asghar è darci parte della verità, spetta a noi completarla con la nostra immaginazione.

All'inizio del film è evidente una buona complicità tra i due, nella vita quanto nella recita teatrale, per poi arrivare a una disgregazione, a un'incomprensione profonda che si ripercuote anche nella finzione. Emblematico lo scambio di sguardi prima di andare in scena che rivela ormai la separazione (in parte citando un altro film di Farahadi che spero di vedere il prima possibile) che li attanaglia. Se inizialmente è Raana a mostrare debolezza, a non voler denunciare i fatti, la situazione successivamente si ribalta: lei comincia a rassegnarsi, e lui vuole in ogni modo difenderla, fare giustizia e punire il colpevole. Ma quest'impulsività, questo desiderio di vendetta è la loro condanna. Quel dolore li ha divisi, quell'incapacità nel venirsi incontro, la difficoltà nel colmare l'uno il problema dell'altra. Sono come due pezzi di un puzzle che non combaciano più.

È una pellicola piuttosto amara, con un finale sospeso, certo possiamo immaginare cosa sia successo ma il regista preferisce non svelarcelo. Mostra con quanta facilità e sofferenza un rapporto possa essere gravemente minato, quanto possa essere instabile, anche quando non si direbbe. Sviscera l'animo umano secondo più punti di vista: chi subisce un trauma, chi vive accanto a chi lo subisce e chi compie l'azione riprovevole. Il regista mette in evidenza il senso di paura, debolezza e terrore che si insinua in chi subisce un torto persino all'interno della propria abitazione; il senso di insoddisfazione perenne di chi vive con chi soffre: qualsiasi cosa faccia non va bene, perché non c'è niente che davvero dia pace a chi è sconvolto; e infine il senso di colpa e desolazione di chi sbaglia. Tre punti di vista differenti che non riescono a conciliarsi.

Farhadi ci fa riflettere sulle mille sfumature di cui son fatti i rapporti umani, sulla loro preziosità e sull'importanza di preservarli, perché basta un niente per fare di un perfetto castello di carte un mucchio di polvere..