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ED WOOD regia di Tim Burton

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amterme63     8 / 10  10/11/2009 23:54:29Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Il film è veramente divertente. L’obiettivo di Burton è stato senz’altro quello di raccontare una storia particolare, insolita (anche se in gran parte vera), allo scopo di suscitare nello spettatore curiosità, meraviglia, nonché allegria, simpatia e partecipazione. Allo stesso tempo si è voluto “sdoganare” e mitizzare un certo modo di fare e concepire l’arte, come a voler cercare dei padri storici putativi per la tendenza artistica che stava scoppiando agli inizi dei ’90 negli USA; cioè la moda del trash, l’acquisizione di importanza e valore anche per quello che è amatoriale, approssimativo e di poca cultura. Nel film si insinua però anche una vena umana e sentimentale molto profonda, che raggiunge quasi i picchi drammatici di “Viale del tramonto”. Questo, grazie soprattutto alla splendida interpretazione di Landau.
Il film è girato in bianco e nero, proprio per omaggiare l’epoca in cui si svolge la storia, cioè gli anni ’50.
Dopo il prologo molto simpatico e gustoso (anche questo ad omaggiare i film dell’orrore di serie B anni ’50), ecco entrare in scena il protagonista, Ed Wood, quello che una volta fu giudicato come il peggior regista del mondo. Burton ce ne dà un ritratto divertente ma anche molto affettuoso. E’ un giovane semplice, onesto, povero ma soprattutto innamorato folle del cinema. La sua caratteristica è quella di essere molto cocciuto e nonostante i tanti ostacoli (mancanza di soldi, scarsità di mezzi, imperizia dei collaboratori), non molla mai e porta sempre le sue imprese fino in fondo. E’ costretto però a fare tutto da solo (sceneggiare, dirigere, interpretare) e in grande fretta (gira una volta sola, non tiene conto di incongruenze o contraddizioni). Ne risultano dei film grossolani, confusi, arraffazzonati, i quali naufragano in genere miseramente. C’è però da riconoscere a Wood grande coraggio. E’ stato infatti il primo regista che ha portato sullo schermo il fenomeno del travestitismo maschile con il celebre “Glen or Glenda?”. In quel film non ha fatto altro che trasferire sullo schermo le sue esperienze personali di feticista dei maglioncini d’angora. Segno comunque di un carattere forte, deciso, che non si arrende mai.
Burton però vuole in tutti i modi riabilitare Wood dal punto di vista artistico. Lo ritrae perciò sempre esaltato e commosso sul set, ce ne dà una versione leggera, simpatica proprio per farlo entrare nelle grazie dello spettatore. Depp asseconda Burton dando un’interpretazione divertita e quasi spensierata del personaggio. Invece la sua vita sembra sia stata più che altro una tragedia e una disfatta. Il film si ferma proprio alla fine della anni ’50 e non ci fa così sapere che Wood è morto ancora giovane, solo e alcolizzato. Si presume che anche “ai bei tempi” la situazione non fosse rosea, che ci fossero tante contrarietà, mille incertezze, rovesci quotidiani, tanta miseria, ecc… Eppure trapela ben poco dalla faccia quasi sempre esaltata e fiduciosa di Depp. Burton non ha ritratto una persona in carne in ossa ma ne ha fatto una idealizzazione cinematografica.
Per fortuna che c’è qualcuno che si è preso la briga di far vedere com’è invece la vita reale, la vita vissuta. Landau dà dell’anziano Bela Lugosi una interpretazione strepitosa, che gli è valsa giustamente un Oscar. Anche lui ritrae una persona innamorata follemente della propria arte, ma dietro ogni sguardo, in ogni movimento, si sente il peso di qualcosa che opprime, viene espresso qualcosa di interiore e di complesso che colpisce l’animo di chi guarda. La vicenda di Lugosi è secondo me la parte più bella ed espressiva del film.
In ogni caso a Burton interessava più che altro contribuire ad omaggiare e a riabilitare il cinema di serie B, un po’ come faceva Tarantino negli stessi anni. Non poteva che essere il peggior regista del mondo la bandiera e l’eroe di una nuova moda, di un altro modo di “consumare” l’arte e ingannare la noia.