Dom Cobb 8 / 10 05/08/2017 23:28:57 » Rispondi Nell'antica Polinesia, Moana è la figlia del capo dell'isola di Monotoa, e come tale un giorno sarà lei ad assumere il ruolo del padre. Ma una strana malattia sta lentamente corrompendo l'isola, così, contravvenendo al divieto di oltrepassare il reef, la giovane s'imbarca alla ricerca del leggendario semidio Maui perché la aiuti a riportare il cuore della dea Tefiti al suo posto e riportare la vita... Dopo aver detto la sua, in modo più o meno convenzionale, sull'argomento del pregiudizio in quello che era una sorta di mystery thriller urbano, la Disney torna prepotentemente alla formula per la quale è più conosciuta: l'avventura fiabesca in chiave musical. E per farlo come si deve, rispolvera una delle accoppiate di registi più influenti ed importanti di sempre, quei John Musker e Ron Clements che avevano salvato la Disney nei lontani anni '80 con Basil, riportato in auge l'intero genere dell'animazione con La Sirenetta, creato gioielli come Aladdin, Hercules e Il Pianeta del Tesoro e contribuito a ristabilire il buon nome della factory con il sottovalutato La Principessa e il Ranocchio. Da parte mia, ero alquanto prevenuto, visto che ultimamente il mio parere dissente sempre da quello della critica, secondo la quale ogni nuovo prodotto della Disney/Pixar è un capolavoro senza se e senza ma; l'unica tenue speranza era data dalla presenza dei due registi, che mai prima d'ora mi hanno deluso (per quanto lo ritenga sottotono, Basil è comunque tutt'altro che un brutto film). Ma i miei timori si sono rivelati infondati: di tutti i film usciti dopo l'ultimo lavoro di Musker e Clements, questo è il più disneyano realizzato dalla Disney. Con questo, voglio dire che Moana riesce a ricatturare perfettamente lo stile e le atmosfere dei lungometraggi usciti nel corso del Rinascimento degli anni '90, e sotto certi aspetti riesce anche a raggiungerne il livello qualitativo. Sul fronte visivo, è un'autentica chicca: il duo di registi mostra un'estrema confidenza nell'uso dell'animazione digitale, che finora non avevano utilizzato, e le varie panoramiche sopra e sotto l'acqua, la flora e fauna delle isole e i vari posti visitati dai protagonisti sono vibranti, colorati e semplicemente spettacolari.
Nota particolare per la realizzazione dell'acqua, così dettagliata e curata da sembrare vera, in un modo che è quasi inquietante. Da una parte, complimenti agli animatori che ci hanno lavorato, però mi chiedo dove ci porterà questo spingere su maggiori dettagli nell'animazione digitale. Prima o poi, si arriverà a livelli così realistici che impiegare l'animazione non avrà neanche più senso, e questo mi preoccupa.
Anche la storia è un rimando affettuoso e nostalgico a un genere di film Disney sempre più raro da trovare, semplice e diretto nel dire ciò che vuole dire, narrare la storia che vuole narrare, senza tirare in ballo elementi moderni e urbani che richiamano la nostra realtà. Abbiamo la protagonista determinata con tanto di padre intransigente, il mattatore sulle orme del Genio, un paio di spalle comiche (quasi) inutili ma efficaci, un messaggio non complicato ma mai banale sul scegliere da soli chi e cosa si vuole essere e tutte le altre cose che la gente ha imparato ad amare dalla Disney vecchia scuola. Qualche problema ci sta, ovviamente: nonostante la durata più lunga del normale per il genere, alcuni passaggi risultano inspiegabilmente frettolosi,
I conflitti con il padre non hanno proprio l'impatto che dovrebbero, la storia del perché il padre sia così severo viene tirata via in pochi secondi, e in generale i momenti più drammatici avrebbero necessitato di qualche momento di pausa e silenzio in più, giusto per farli atterrare meglio.
e per alcuni il fatto che si stia ripercorrendo una formula abbastanza vista e rivista potrebbe diminuire il godimento. Ma il film controbilancia questi aspetti meno brillanti con altri elementi, oltre quello visivo: innanzitutto, personaggi davvero azzeccati, in special modo i due co-protagonisti Moana e Maui, una giovane ingenua, ma coraggiosa e determinata a raggiungere il suo scopo, l'altro cinico, mascalzone e anche un po' complessato, ma sotto sotto dal cuore d'oro. Il villain, se si può parlare di uno, è visivamente impressionante, e a chi si lamenta del poco screentime e dell'assenza di un'apparente personalità, almeno sappi che c'è un motivo preciso questa volta e che l'effetto è voluto.
In realtà la creatura di lava Te Ka altri non è che la stessa dea Tefiti, che senza il suo cuore ha smarrito sé stessa per il dolore e ha bisogno di qualcuno che l'aiuti a ricordarsi chi è davvero. Un po' come la protagonista stessa, che fino alla fine non è certa di sapere chi è e chi dev'essere, finché non impara che è lei stessa cui spetta deciderlo. Non è un caso che l'aspetto della dea ricordi un po' quello della ragazza.
La spalla comica, sotto le sembianze di un gallo dalla stupidità indescrivibile a parole, è passabile: non c'entra niente con la storia e non ha alcuna ragione di trovarsi lì, ma almeno fa ridere di tanto in tanto. Se la cava decisamente meglio l'oceano, che attraverso tocchi che sfiorano il geniale diventa una vera e propria personalità. Inoltre, finalmente la Disney recupera un po' dello smalto che si era perso con il passaggio al digitale, facendo uso di sequenze caratterizzate da atmosfere deliziosamente dark, in alcuni punti quasi spaventose, soprattutto per un pubblico giovane. E infine, per la prima volta da La Principessa e il Ranocchio, abbiamo un musical Disney dove la colonna sonora e le canzoni sono degne della tradizione dei migliori del genere: i cori polinesiani fanno da sfondo all'avventura, punteggiata di canzoni memorabili e cantabili come non se ne sentivano da un po' di tempo a questa parte.
Spiccano fra le altre la canzone tema della giovane eroina "How far I'll go", quella di presentazione di Maui "You're Welcome" e specialmente "Shiny", momento di gloria del malevolo crostaceo Tamaota, personaggio che ruba la scena al punto da far desiderare che fosse lui il vero cattivo da sconfiggere.
Vero, è una formula già vista altre volte, ma il setting inedito della Polinesia, il modo in cui il film incorpora la cultura del luogo nel proprio DNA, e la solidità dei personaggi aiutano a dare al tutto un senso di freschezza. A migliorare ulteriormente le cose c'è il contributo di diverse sequenze animate a mano.
Già, la cara, vecchia animazione a mano torna a far capolino in un film animato della Disney, sotto forma dei tatuaggi sul corpo di Maui, parte del prologo iniziale e sezioni della canzone "You're Welcome". Roba da andare in brodo di giuggiole, e da far sperare che per questo genere di animazione la speranza non sia ancora del tutto morta.
Come ho già accennato, non è un film perfetto, e forse mi sto facendo influenzare troppo dalla nostalgia, ma francamente non m'importa: che si tratti di una nuova direzione della company o di un fatto occasionale, per un'ora e mezza sono tornato alla mia infanzia, agli anni '90 e a quel tipo di cinema che all'epoca solo la Disney all'apice del successo sapeva fare, le stesse sensazioni, la stessa pulsante energia e la stessa passione per un genere che, fino a poco tempo fa, andava per la maggiore presso un pubblico ancora non corrotto dal cinismo di oggi. E per questo ringrazio Musker e Clements dal più profondo del cuore: una volta pensavo che non avrei mai vissuto un'esperienza simile, e loro mi hanno permesso di viverla ben due volte. Non so quanto tempo ancora dovrò aspettare perché si ripeta. Fra tutti i film che ho voluto evitare di vedere al cinema, questo è l'unico dove mi sono pentito di averlo fatto.