caratteri piccoli caratteri medi caratteri grandi Chiudi finestra

E' SOLO LA FINE DEL MONDO regia di Xavier Dolan

Nascondi tutte le risposte
Visualizza tutte le risposte
Terry Malloy     8½ / 10  11/12/2016 18:17:27Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
C'era grande attesa per l'ultimo (di una già lunga serie) film di Xavier Dolan, e credo che chi ama questo regista straordinario ne verrà ripagato. Io, era il suo primo film che vedevo.

Che ormai si vada verso un neo-melodramma cinematografico, in cui la componente melica sia sempre più sullo stesso piano della scrittura, credo che (da Sorrentino in poi) sia ampiamente confermato. Che il populismo estetico tanto deprecato da Jameson sia qui praticato da Dolan al suo massimo grado manieristico ci risulta la conferma che la spiritualità postmodernista, il culto dell'immagine sonorizzata, dell'inquadratura fine a se stessa (la interminabile sequenza di sguardi tra la Cotillard e Ulliel durante il dialogo sui figli), in fondo di una poetica della superficie (come si è recentemente espresso Stefano Piri a proposito del giovane papa) siano ormai le chiavi di lettura del cinema di oggi (e di molte altre cose meno divertenti).

Riguardo alla storia in sé e allo svolgimento del film (spoiler):
1) Ho apprezzato (da spettatore qualsiasi) la prima parte, ovvero dal doppio incipit formidabile (aereo-viaggio in taxi con brano di Camille-introduzioni dei personaggi-dialogo tra Cotillard e Ulliel continuamente dissolto dagli interventi del formidabile Cassel)
2) La parte centrale a mio parere subisce un forte rallentamento che penalizza la tensione terribile di questo film divertente e angosciante.
3) Parte finale, con smatto di Cassel, sublime e assoluta nel creare una tensione che riesce a farti ricordare le parti più spiacevoli della tua esistenza.
4) MEH sul finale con Moby (cosa c'entra?) - uccellino morto è una sorrentinata scandalosa.

Se alcuni dialoghi riescono nell'intento (davvero difficile) di introdurti in un lessico e in un situazionismo famigliare che strappa più di una risata (e tanta tenerezza), altri risultano troppo ripetitivi. Se Dragostea Din Tei riesce a creare questo effetto, meno ci riesce il pezzo finale, se si è riusciti magistralmente a mettere sullo stesso piano il tema melico di archi e un pezzo dei Blink, non si è riusciti del tutto forse ad armonizzare i tanti personaggi sulla scena, su tutti quello della Cotillard. Geniale la trovata di rendere muto il protagonista scrittore (il dialogo nel casolare con la madre è il migliore), meno geniale l'allusività con cui si tratta il tema del fine-vita (maestosamente annunciato nel monologo incipitario) e la stessa (presunta) malattia del protagonista. Meno interessante il citazionismo ai film mainstream (Grande Bellezza, Titanic) e tutta la vicenda del primo amore giovanile di Louis (sequenza analettica un po' "facile", à la Kar-Wai, hipster).

In ogni caso siamo di fronte a un fuoriclasse di raro e prezioso lignaggio.