caratteri piccoli caratteri medi caratteri grandi Chiudi finestra

GIORNI PERDUTI regia di Billy Wilder

Nascondi tutte le risposte
Visualizza tutte le risposte
amterme63     8 / 10  06/02/2012 18:10:42Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
In questi film di Wilder c'è proprio il meglio che lo stile classico possa proporre. Prima di tutto l'efficacissima trasposizione in immagini di un preciso tema. Qui ci troviamo davanti alla rappresentazione dell'implacabile dipendenza dall'alcool e il lavoro fatto da Wilder sia come sceneggiatore che come regista è assolutamente encomiabile. La chiarezza e l'efficacia sono alcuni dei pregi dello stile classico e Wilder qui ce ne dà un ottimo esempio. Il personaggio è seguito passo passo, di lui si svela tutto: ragioni, sentimenti, debolezze, sfiducie, battaglie. Non solo le parole del protagonista, ma anche e soprattutto le immagini (grande fantasia di punti e piani di ripresa) e la musica (lo stile drammatico, suggestivo ed evidenziatore di Rosza) trasmettono l'essenza della storia allo spettatore. C'è poi una grande cura ed attenzione ai particolari che fa sì che percepiamo il protagonista come una persona in carne e ossa, più che come personaggio di celluloide.
Anche la tecnica di narrazione (subito in media res, diversi flashback esplicativi, la focalizzazione spinta sulle atmosfere) fa sì che non si abbassi mai l'attenzione e la palpitazione dello spettatore. Anche i climax (successione di speranze e ricadute) sono ben dosati e trascinano anche lo spettatore nella spirale.
L'atteggiamento verso il "male" è ambivalente. Da una parte - pubblicamente - lo si condanna senza mezzi termini e se ne fanno vedere le conseguenze deleterie, dall'altra si rappresenta esteticamente la sua presa irresistibile, il fascino morboso, la sua potenza e lo si fa vivere e provare pure allo spettatore. Wilder non rinnega lo spirito noir che dominava il passaggio fra gli anni 40 e 50. Anche qui si rappresenta la preoccupazione di non essre in grado di reprimere efficacemente gli istinti animali che l'uomo si porta dietro.
Ciò che pesa negativamente è l'impianto forse eccessivamente teatrale, i dialoghi a volte molto lunghi, la prevalenza della ripresa in studio sugli esterni (caratteristiche queste comuni a quasi tutti i film dell'epoca). Questo aspetto viene però sovrastato da Ray Milland, che dà personalità e pathos alla sua interpretazione.
Ciò che non convince è il personaggio femminile, poco sviluppato, fin troppo perfetto. C'è poi il solito difetto delle sceneggiature dagli snodi casuali costruiti ad hoc, ma anche questo è un male comune all'intera epoca.
Insomma un film che può essere tranquillamente visto e apprezzato anche oggi. La sua problematica (la dipendenza e la sconfitta della propria forza di volontà) è ancora attualissima.