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FIEVEL SBARCA IN AMERICA regia di Don Bluth

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Dom Cobb     6½ / 10  28/07/2017 18:28:46Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Nella Russia di fine '800, una famiglia di topi decide di emigrare in America, da loro immaginata come un paradiso in terra dove, fra le altre cose, "non ci sono gatti". Durante il tragitto via mare, il piccolo Fievel finisce fuori bordo e viene creduto morto. Sopravvissuto per miracolo e giunto sulle sponde della città di New York, il topolino inizia una drammatica e avventurosa ricerca del resto della famiglia...
Di Don Bluth ho avuto il piacere di scoprire uno dei suoi lavori a mio parere più sottovalutati, il delizioso "Il segreto di NIMH", ma finora mi sono trattenuto dal parlare dei lungometraggi più famosi, anche perché intendevo rivisitarli prima di dare un parere. Infatti, dire che i film di Bluth abbiano inciso particolarmente sulla mia infanzia non sarebbe esatto; non ricordo traumi o episodi di depressione dopo averli guardati. Ad essere totalmente onesti, i sequel hanno lasciato un'impronta più duratura (lo so, onta su me). Ma, fresco della visione di ieri sera, posso finalmente aprirmi al mondo.
Devo ammettere che, a conti fatti, il film regge ancora piuttosto bene, anche se non me la sento di dargli un voto eccessivamente alto: c'è sicuramente del buono, ma alla fin fine di problemi ce ne sono un po' troppi per i miei gusti.
Sono due gli aspetti sotto i quali il film si difende meglio, innanzitutto l'animazione: per gli standard dell'epoca è davvero pregevole, certo strapiena delle recitazioni sopra le righe tipiche dello stile di Bluth, e caratterizzata dalla rotondità che ricorda lo stile della Disney vecchia scuola; non è particolarmente spettacolare o mozzafiato, ma è il massimo che ci si poteva permettere all'epoca con un budget medio-basso. Inoltre c'è la colonna sonora, una sinfonia di melodie e sonorità davvero stupende firmate da un James Horner in stato di grazia. Se c'è una parte del film ad essersi piantata nella mia testa, allora è sicuramente la musica.


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Per quanto riguarda la storia e i personaggi, posso dire solo che riguardando il film ho capito perché non mi è mai veramente importato molto. Non ho nulla contro i toni, cupi e malinconici, che caratterizzano il cinema di Bluth, dato che, a conti fatti, funzionano nel coinvolgere un pubblico di giovani e meno giovani nelle vicende raccontate sullo schermo; e a prescindere dal fatto che qui se ne faccia più o meno abuso, il vero problema è che la trama sembra spesso procedere a balzelloni. E' evidente che la produzione fosse afflitta da vari problemi (uno dei quali, a quanto pare, era proprio Spielberg, non abituato al processo di realizzazione di film d'animazione), e questo si nota nella presenza di brusche accelerate nel ritmo e cambi di scenario che saltano fuori dal nulla.


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Tutto ciò va a scapito dello sviluppo dei personaggi: ad eccezione del piccolo protagonista, abbastanza nella norma, del padre e del piccione francese eterno ottimista, tutti i personaggi secondari rimangono sullo sfondo, con solo tratti superficiali a caratterizzarli; al punto che elementi in teoria fondamentali come il fatto che la famiglia di Fievel sia yddish o l'intera questione dei villain vengono a malapena abbozzati.


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A merito del film, però, i momenti dark e drammatici funzionano tutti bene, quasi tutte le scene prese singolarmente funzionano bene; è nel metterle insieme che la mancanza di un tessuto narrativo coerente e compatto si fa sentire. Le canzoni, così così e non proprio necessarie, non è che aiutino molto, soprattutto quando vengono cantate male dagli attori bambini.
An American Tail non arriva ai livelli del precedente NIMH, probabilmente il migliore dei film belli di Bluth, ma non è neanche da gettare via. Ha i suoi problemi, e sebbene lo rendano per me solo poco più che buono, mi sento comunque di consigliarlo, se non altro per l'unica atmosfera anni '80 che tutti noi adoriamo.


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