tylerdurden73 7½ / 10 13/10/2016 10:34:30 » Rispondi In territorio kenyano si nasconde Susan Danford, cittadina britannica affiliata ad un pericoloso gruppo terroristico. L'intelligence, da anni alle calcagna della donna, la individua all'interno di una casa a Nairobi, mentre insieme ad altri fanatici sta progettando un attentato. Il tempo è tiranno, la priorità quella di fermarla con ogni mezzo. Una cattura appare impossibile, inevitabile quindi passare alle maniere forti. Il problema sta nel contenere i danni collaterali causati da un attacco, nelle vicinanze dell'edificio la presenza di parecchi civili, tra cui una bimba intenta a vendere del pane, invita a ponderare adeguatamente la situazione. Potere militare, politico e giuridico giocano a rimpiattino scaricandosi la patata bollente di mano in mano, nessuno vuole assumersi la responsabilità dell'intervento che potrebbe costare molto caro non soltanto in termini di vittime, ma anche a livello di carriere stroncate nelle stanze dei bottoni. A migliaia di chilometri di distanza il Colonnello Powell (un Helen Mirren al solito in palla) guida i suoi uomini nel lancio dei letali missili "Hellfire". I soldati a loro volta non sono impegnati sul campo, guidano infatti un drone per mezzo di una consolle in terra inglese. Gavin Hood mostra le nuove frontiere della guerra, quella combattuta da distanze siderali che tuttavia in certi casi non placano eventuali sensi di colpa. Professionalità e dovere si scontrano con l'umanità dei personaggi coinvolti, bloccati davanti al dilemma di evitare un attentato di proporzioni presumibilmente terribili a fronte dell'incapacità di uccidere a sangue freddo degli innocenti. Al tempo stesso è chiara l'intenzione di non santificare, l'omicidio di innocenti passa -per alcuni- in secondo piano, più terrorizzati dal polverone che potrebbe scatenare l'opinione pubblica. Nello spettatore si insinua un dubbio morale di ardua risoluzione, Hood interroga la nostra coscienza mentre centellina l'azione lasciando ai dialoghi l'onore di tenere alti ritmo e tensione. Un po' superflua l'appendice finale, ma "Il diritto di uccidere" è un buonissimo thriller politico e bellico, impreziosito dall'ultima apparizione di Alan Rickman.