williamdollace 9½ / 10 09/07/2023 16:30:17 » Rispondi Forse la miglior opera del mio amato Desplechin, l'adolescenza invasa, pervasa, troncata dalla follia di una madre, poi dall'amore e dalla distanza di uno studio antropologo, e cosa sennò, dai corpi, del loro aggrovigliarsi, dal sapore delle salive, dal disincanto delle partenze, dagli odori delle lenzuola, dalle lettere scritte, una frase, un telegramma, un fiume, un parco, tutto il primo amore e la sua unicità e poi la sua perdita che non perdi. Un amore intatto, un dolore intatto, un furore intatto. Poi diventare grandi, essere soli, ora sono solo, ormai adulto, un passaggio di consegne. In mezzo l'aggrovigliarsi di corpi, libri, sigarette, desiderio, libri, bende agli occhi, depressioni del padre, morti manicomi, e poi due anni come dieci, dieci come trenta e se tutti se ne vanno "è come se ora fossi il custode dell'infanzia di cui non avete più bisogno"