caratteri piccoli caratteri medi caratteri grandi Chiudi finestra

DOLLS regia di Takeshi Kitano

Nascondi tutte le risposte
Visualizza tutte le risposte
Invia una mail all'autore del commento make     10 / 10  20/06/2003 03:11:07Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Un film estremo dell'estremo oriente. Takeshi Kitano ci presenta "Dolls" liberamente ispirato al teatro Bunraku, alle sue marionette, ai personaggi di Chimatsu, alla popolare tradizione figurativa e narrativa giapponese e alla sua peculiare visione del mondo. Un film che ci presenta la follia dell'illusione, la sua sconcertante verità attraverso un intreccio di storie, di continui flashback che sembrano ricordarci come la nostra esistenza sia la lotta della memoria contro l'oblio, il suo non-tempo. Nessuno è eroe, tutti siamo vittime, vittime non solo della società, del sistema, ma soprattutto vittime di noi stessi, della nostra ottusa cecità che kitano ci presenta senza dimenticare la sua inconfondibile ironia. Si parte con il teatro di marionette dove il cortigiano Umegawa sfida la volontà del suo signore e, ferendosi per sempre nell'orgoglio, decide di fuggire con la sua donna per evitare che possa commettere un gesto folle per amore; si chiude con il teatro di marionette dove i ruoli si invertono per chè da protagiste dell'inizio diventano oramai inespressive spettatrici del finale: osservandoci sembrano ammonirci che adesso siamo noi le "bambole" umane, costrette a recitare nel nostro teatro naturale. L'incipit è genesi dell'evoluzione drammatica delle tre storie narrate nel film il cui filo conduttore è il cordone rosso che lega i due amanti, costretti a vagare senza meta, nella memoria definitivamente annientata della donna che àncora il compagno alla sua incomunicabile follia, proprio mentre un boss della yakuza decide dopo trenta anni di ritornare nella panchina dove lasciò la sua donna amata, sempre pronta lì ad aspettarlo e infine una popstar sfigurata che non voleva più essere vista da nessuno incontra sulla spiaggia un suo fan, pronto ad accecarsi pur di starle vicino. Il dramma è sempre e solo apparente, perchè è comunque illusione: i due vagabondi sprofondano tra le montagne innevate proprio nel momento in cui la donna impazzita sembra comunicare al suo amato, con un g esto simbolico, la sua s offerta consapevolezza, il suo passato oramai perduto; il boss viene ucciso non appena ritrova la sua donna, e il fan muore quando riesce finalmente a sentire dal vivo la voce del suo idolo, il cui ricordo è immortalato dalla sua illusoria bellezza non sfigurata. Si deduce che quel cordone ombellicale che lega i protagonisti è in realtà la comunicazione intesa come incomunicabilità. Lo scenario è la natura, indiscussa protagonista del film, che scandisce le movenze delle sue marionette, ravvivata da quelle tonatità intense che ricordano le campiture piatte delle stampe ukiyoe di Hokusai: è l'uomo orientale che, considerandosi egli stesso natura, ne osserva i suoi incessanti ritmi e contemplandola, si contempla. Davanti a tanta drammaticità quindi è la natura che rimane impassibile: una farfalla calpestata, la foglia rossa che cade, la luna imponente, mentre l'amore, il vero amore, rimane sempre quello delle cose non dette,.


Invia una mail all'autore del commento kowalsky  23/11/2005 13:57:14Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Grande commento e notevole sensibilità ma perchè non ti ci si vede mai nei commenti?