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IL VOLO regia di Theo Angelopoulos

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amterme63     7 / 10  25/05/2013 22:19:14Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Se dovessi pensare di primo acchito a un film "lento", certamente mi verrebbe in mente "Il volo" di Anghelopoulos. In questo film poi il ritmo lento, la staticità, la rarefazione narrativa, i lunghi silenzi non sono solo un mezzo, una normale tecnica registica, sono proprio la sostanza del film; se fosse stato girato, montato e recitato in altra maniera non sarebbe stato per nulla lo stesso film, avrebbe cambiato completamente di significato.
Il metodo lento e dilatorio infatti crea un effetto antinaturalista, come se si assistesse a qualcosa di assoluto e astratto, è come penetrare in un'essenza, si bada soprattutto a ciò che suggerisce l'immagine e la scena, piuttosto a ciò che in sé rappresenta. Il silenzio e la staticità nelle immagini stimolano la contemplazione e la ricerca della profondità (non a caso questa tecnica viene usata spesso dai registi orientali o da Kiarostami).
Anghelopoulos riesce bene in questo intento anche perché sceglie di mostrarci scene e ambienti dimessi, anonimi, poveri ed essenziali. Ci porta in una Grecia più invernale che primaverile, non turistica, fuori dal tempo, in bilico fra tradizione e modernità. Le immagini scelte sono tutte "coerenti", "compatte" e dall'inizio alla fine danno un senso di malinconia, tristezza, sconfitta. I personaggi stessi appaiono non tanto per essere dei personaggi e quindi per raccontarci la loro storia. Appaiono già che sono alla fine della loro storia (che non sapremmo che per spizzichi e bocconi nel caso di Spiros, il niente assoluto per la giovane ragazza vagabonda che lo accompagna e di cui non conosciamo nemmeno il nome). Non importa che storia sia, l'importante è che i personaggi stando zitti, non agendo, subendo passivi, ci trasmettano il messaggio di scoramento, fine, termine, tramonto, sconfitta, inutilità di tutto, della vita. Anche la speranza s'infrange nell'incomunicabilità fra le generazioni. Il vecchio mondo non ha altra scelta che lasciarsi finire, sapendo di non aver più alcuna funzione e alcun ruolo.
"Il volo" di Anghelopoulos è una specie di epitaffio per la vecchia Grecia, per il mondo "passato" in generale (quello pre-consumistico), una dolorosa e implacabile contemplazione di una fine.
Anghelopoulos si sente certamente "artefice". Il suo "intervento" come detto è evidente e decisivo e lo si nota soprattutto negli insistiti piani-sequenza. Alcuni sono molto belli e fluidi, altri forse peccano un po' di virtuosismo fine a se stesso (la sposa che insegue il passerotto), altri sono forse eccessivamente statici. In effetti la pazienza dello spettatore è messa spesso a dura prova. Ovviamente occorre sapere dove si va a parare prima di guardare un film di Anghelopoulos.
Mastroiànni anche stavolta ci regala un ritratto molto toccante e commovente di una persona qualunque. Solo lui riesce a far diventare il normale e il dimesso sempre qualcosa di speciale e unico.