caratteri piccoli caratteri medi caratteri grandi Chiudi finestra

LE MANI SULLA CITTA' regia di Francesco Rosi

Nascondi tutte le risposte
Visualizza tutte le risposte
amterme63     10 / 10  14/03/2014 21:44:06Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Secondo me "Le mani sulla città" è un modello perfetto di film di denuncia politica e civile. Partendo dal fenomeno della speculazione edilizia a Napoli negli anni '50, Francesco Rosi riesce a fornire un ritratto universale e sempre valido dei meccanismi perversi che minano e corrompono l'esercizio dei pubblici poteri, trasformandoli in strumenti di interessi privati a scapito di quelli collettivi.
Ci riesce grazie a una sceneggiatura asciutta, sintetica, concentrata sui fatti e senza fronzoli; con dialoghi e scene topiche/esplicative dove si espone con grande chiarezza, semplicità ed efficacia le ragioni dei comportamenti e delle scelte (si svela cosa c'è dietro l'ufficialità e la retorica della politica, le vere ragioni che la muovono).
La parte visiva mostra con presa plastica evidentissima le conseguenze disastrose in termini ambientali (e di sicurezza collettiva) di questo comportamento politico scellerato (le panoramiche iniziali e finali sono di un'eloquenza veramente potente). Il tutto trattato in maniera molto realistica e naturale, tanto da far pensare a vere e proprie prese in diretta (come ad esempio le scene dei consigli comunali). Ma ciò che fa questo film un capolavoro è il pathos che rende vivi e drammatici tutti i personaggi del film e le loro vicende. Tante scene che apparentemente sembrano inutili, che rallentano e spezzano il ritmo, in realtà gettano luce sui sentimenti che provano i personaggi in quell'istante, ce li rendono vivi e intensi.
Indirettamente poi il dipanarsi della vicenda, l'incedere drammatico della lotta fra chi vorrebbe scoperchiare il verminaio e chi invece cerca di conservare la propria presa parassita sul potere pubblico, trasmette una forte tensione allo spettatore.
In altre parole si cerca di "scuotere", di risvegliare l'indignazione e la reazione. C'è sullo sfondo della storia raccontata nel film la rivendicazione di basi etiche irrinunciabili e inderogabili, che dovrebbero essere le basi fondanti dell'esercizio politico pubblico.
Per il resto "Le mani sulla città" ci ricorda da dove siamo partiti per ritrovarci come siamo adesso: burocrazia, inefficienza, favoritismi, il voto di scambio. Poi il trasformismo, l'opportunismo, l'ipocrisia, la faccia tosta, l'arroganza di un potere che si sente al sicuro e immune. Il tutto in mezzo all'ignoranza, alla propaganda e al controllo subdolo delle coscienze ("l'opinione pubblica la facciamo noi" dice chiaramente uno dei protagonisti del film).
Che tristezza! E pensare che dopo 50 anni non è cambiato nulla, è sostanzialmente tutto come allora. Anzi forse è peggiorato. "Le mani sulla città" non è un film del tutto pessimista, disfattista o nichilista. C'è il personaggio molto importante di De Vita (interpretato da un vero consigliere comunale del PCI) che simboleggia la forte coscienza etica, il passionale impegno civile che nonostante tutto vive(va) e che da(va) speranza in un cambiamento.
La grande tragedia italiana è la perdita di questo importante patrimonio di forza etica e civile che è durato fino alla morte di Enrico Berlinguer. Poi anche il principale partito di opposizione si è piegato ai compromessi (quelli stessi che corrompono nel film la parte "sana" e filantropica della Democrazia Cristiana), alla caccia al potere, alla commistione con i grandi gruppi economici privati e all'uso spregiudicato dei mezzi di comunicazione di massa.
Dopo 50 anni possiamo dire che le mani sulla città sono sempre lì, anzi sono sempre più numerose, presenti e rapaci e i risultati si vedono.
La visione di questo film mi ha dato grande emozione e molto rammarico, ma soprattutto ammirazione per la grande bravura di Rosi e di tutti i suoi collaboratori.