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IL FIGLIO DI SAUL regia di Laszlo Nemes

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olikarin     7½ / 10  19/10/2017 15:39:29Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Il film si apre con dei suoni, ancor prima che con delle immagini. I rumori comunicano anche ciò che non viene detto con le parole. L'atmosfera è quasi claustrofobica, opprimente e terribilmente cupa. Tutta la vicenda è raccontata secondo il punto di vista del protagonista: spesso la macchina da presa lo mette a fuoco con dei primi piani, sfuocando ciò che lo circonda, un caos indistinto. È tutto incerto e confuso, come se il regista alludesse alla difficoltà di raccontare questo genocidio. Noi vediamo ciò che vede Saul, è come se ci trovassimo alle sue spalle. Crediamo a ciò che crede lui, o forse no. Noi cerchiamo di capire il perché del suo gesto. La sua espressione è apatica e indifferente eccetto che nel finale: un sorriso ci fa entrare per un istante nel suo cuore.

La storia racconta di Saul, un sonderkommando ebreo il cui compito era quello di affiancare le SS nel trasportare i corpi dei deportati nelle camere a gas e poi cremarli. Quest'uomo lotta per la vita, persino quando il suo destino è segnato. Ha un'enorme croce rossa sulla schiena: è il colore del sangue, del sacrificio, dell'orrore. Una X che ci fa capire che prima o poi quel fatidico giorno arriverà anche per lui. Saul riconosce nel cadavere di un bambino suo figlio, ma in realtà non ci è dato sapere se quella creatura ormai esanime sia effettivamente suo figlio o soltanto un'illusione.

Il film ha una struttura circolare, si apre con l'immagine di una foresta e si chiude con un bambino che corre fra gli alberi: scappa, in cerca della vita. È una speranza. Una corsa frenetica, un cuore che batte, la voglia di sopravvivere. Ciò che il nostro protagonista vuol fare è rendere omaggio alla vita dando degna sepoltura a un morto. È tutto ciò cui si aggrappa. Il tentativo ossessivo di seppellire degnamente il corpo del figlio diventa un bisogno impellente. Il protagonista cerca un rabbino per compiere questo rito e trovare un senso alla propria esistenza.

A mio avviso, c'è un riferimento alla tragedia greca e, nello specifico, all'Antigone di Sofocle: Antigone si ribella al re Creonte per dare degna sepoltura al fratello morto. Creonte non sopporta il fatto che a trasgredire sia una donna, in una società in cui gli uomini avevano l'autorità e le donne vi erano sottomesse. Antigone si comporta così non per il gusto di infrangere la legge ma per tutelare i propri affetti. Se Antigone difende le leggi divine, Creonte difende quelle umane. È un despota, pretende che vengano rispettate le proprie norme che reputa superiori persino a quelle divine, ma troppo tardi si renderà conto della catastrofe provocata dal proprio comportamento.

"Il figlio di Saul" tratta in modo particolare la tragedia dell'Olocausto, concentrandosi sull'esperienza e sull'obiettivo di un uomo, un essere umano non ancora completamente rassegnato che cerca di reagire anche quando tutto ormai è perduto.. Ma si sa, la speranza è l'ultima a morire..