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LE LACRIME AMARE DI PETRA VON KANT regia di Rainer Werner Fassbinder

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Crimson     9½ / 10  27/11/2007 01:22:37Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Una location, cinque attrici di cui tre protagoniste assolutamente sbalorditive, e una sceneggiatura eccezionale. E' il lampo di genio del regista, forse il film che adoro di più assieme a 'querelle de brest', ma in tema di 'primo fassbinder', questo è sicuramente il migliore (gli spunti nati originariamente per il teatro, che poi sono diventati diversi film tra i primi del regista, sono spesso molto belli).
Il tema principale dell'abbandono al sentimento in contrasto con la vera natura dei rapporti di coppia secondo il regista, natura perfettamente incarnata dalla Schygulla-arrivista e sfruttatrice, che è solo una sfaccettatura in realtà, per quanto davvero simbolo anche del gusto sadico perpetrato nei confronti di quello che viene trasformato e si autotrasforma in vero e proprio oggetto (Petra), non poi così difforme dai manichini che costellano la sua sfiziosa camera da letto-attico.
Una prima parte illusoria forse, in cui la protagonista razionalmente cerca di tratteggiare il suo precedente rapporto di coppia (col secondo marito), ma in cui rivela già le discrepanze dettate da successo, ambizione, e quei sottilissimi distinguo odio/amore e attrazione/disgusto dipinti sagacemente.
Entra in gioco Karin (una meravigliosa Schygulla, che ripeto, adoro in toto, come attrice, come donna, fantastica) presentata da un'odiosa amica di circostanza, quella di facciata tipica di saloni borghesi, capace solo di disquisizioni laccate e di un ritualismo 'smile' osceno e imbarazzante.
La 'modella' dal passato tremendo è una gallina senza cervello, di una stupidità alla stregua dell'amica Cydonie (come diavolo si scriverà poi), ma si passa ai fatti: ciò di cui Petra parlava riguardo il controllo, la compassione, o meglio il livello successivo - la comprensione, dove finiscono? al servizio della passione devastante e incontrollabile, un'idea(le) che perde totalmente di significato, fino a diventare delirio, in un quadro schizoide e persino con tratti borderline (tutto diviene conforme-dipendente dall'oggetto idealizzato).
E' una spirale, senza via d'uscita. Autodistruzione.
Karin realizza ciò che voleva: un trampolino di lancio, nulla di più. La fedele e complessata Marlene (Irm Herrman - 24 film con Fassbinder, se non un record quasi - che non dirà una sola parola in tutto il film!) è invece la mattatrice assoluta nell'ultima, bellissima e straziante scena.