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ROOM regia di Lenny Abrahamson

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Invia una mail all'autore del commento tylerdurden73     8 / 10  22/03/2016 12:02:33Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Lo SPOILER presente è un po' come il segreto di Pulcinella. Ma faccio presente lo stesso, prima che qualcuno stressi.

Madre e figlio isolati dal resto del mondo. Joy è stata rapita da un maniaco circa sette anni prima, reclusa in un lurido capanno ed abusata quasi ogni sera dal suo aguzzino. In quell'angusto e deprimente luogo ha dato alla luce Jack. Il bimbo ha ora cinque anni, conosce il mondo per ciò che vede in tv, ma non riesce ad immaginare al di là di quelle quattro mura, con la luce azzurra e invitante incorniciata dal lucernario posto ad altezza inaccessibile.
La sua mente fantastica, mentre la madre lo instrada e protegge, cercando di prepararlo ad un' eventuale fuga. Lavandino, letto, armadio, sedie sono gli amici di Jack, almeno finchè uno stratagemma ben architettato equivale ad una seconda nascita. Ritorno alla luce per Joy e conoscenza della stessa per Jack: dapprima quella rumorosa e colorata dei lampeggianti, poi quella asettica dell'ospedale, quindi finalmente l'accecante e caldo abbraccio del sole.
"Room" parte amalgamando con immane delicatezza il rapporto tra madre e figlio in contrasto con la tremenda crudeltà della situazione. Pur mantenendo le violenze sempre fuori campo è impossibile non notare la sofferenza di una bravissima Brie Larson, perfettamente sintonizzata col piccolo e altrettanto fenomenale Jacob Tremblay.
Abrahamson gira una fuga di straordinario impatto emotivo mentre la nuova realtà esige i suoi spazi invadendo, con feroce attrito, il sapere dei due protagonisti. Un po' meraviglioso e un po' terrorizzante l'inedito contesto ambientale si riflette nel commovente stupore di Jack, e se per il bambino è dura comprendere ciò che gli ruota attorno, per Joy è ancor più difficile accettare uno scenario radicalmente cambiato, in cui punti considerati fermi ed eterni hanno subito l'implacabile legge dello scorrere del tempo.
(Ri)Adattarsi non è semplice, soprattutto se si è giudicati con il tarlo del senso di colpa a lavorare subdolo. Abrahamson porta a galla un sentimento di struggente potenza, una simbiosi totale sfociante in un rapporto di sostegno reciproco e di amore veemente come può essere solo quello tra genitore e figlio. Senza sfruttare appigli ricattatori il regista irlandese (coadiuvato alla sceneggiatura da Emma Donoghue, autrice del romanzo "Stanza, letto, specchio, armadio" da cui è tratta la pellicola) tocca corde scomode con garbo, mentre narra della difficile ricerca del proprio posto nel mondo, che sia perduto o da trovare ex novo poco importa. Una ricerca ostica, a tratti estenuante, resa tuttavia possibile quando chi ti ama è al tuo fianco, pronto a tutto pur di proteggerti e sostenerti.