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NOTHING BAD CAN HAPPEN regia di Katrin Gebbe

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Invia una mail all'autore del commento tylerdurden73     8 / 10  14/03/2017 10:48:21Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Efebico adolescente dal volto angelico Tore non ha famiglia, ma trova conforto nella fede cristiana e riparo nel gruppo dei Jesus Freaks, una congregazione giovanile totalmente dedita alla parola di Dio e al christian-punk. Casualmente incontra Benno con famiglia al seguito, il quale lo invita a soggiornare nella villetta di campagna in cui trascorrono le estati. Che Benno non sia uno stinco di santo è palese fin dalle prime battute, nessuno però può immaginare in quale inferno si sia andato a cacciare Tore. Vessazioni d'ogni genere, di natura psicologica e fisica diventano prassi quotidiana nell'ambito di un nucleo famigliare marcio, in cui il padre-padrone si erge a dominatore assoluto, manipolatore incontrastato dedito ad ogni bassezza.
Katrin Gebbe mette in scena una violenza priva di ragionevoli motivazioni, figlia di un moto di gelosia quasi puerile in cui il più forte comprende la possibilità di accanirsi sul più debole.
E' bene specificare che la pellicola nulla c'entra col torture porn o con film tipo "The girl next door": la violenza è spesso fuori campo mentre la natura masochistica del protagonista spiazza ed urta. Potrebbe fuggire quando vuole o addirittura vendicarsi, ma preferisce subire come un martire consapevole, ergendosi ad elemento salvifico per quel flebile barlume di innocenza e speranza rappresentato dai figli della coppia.
Per sua stessa ammissione scherzosa (ma forse non troppo) assume il ruolo di nuovo messia, affrontando con intollerabile pacatezza la propria via crucis sino a raggiungere il proprio Golgota. Accettare il comportamento di Tore è la cosa più ostica, abituati a revenge movie in cui la reazione è pari -se non ancora più veemente- rispetto a ciò che si è subito, restiamo basiti davanti alla serafica tranquillità con cui la vittima ne subisce di ogni.
E' un'estremizzazione del porgi l'altra guancia, anche se in fin dei conti Dio è solo un pretesto; la Gebbe alimenta domande e induce riflessioni alle quali ogni spettatore potrà dare risposte e interpretazioni a proprio piacimento per una visione in cui fanatismo, autolesionismo estremo, follia, ingenuità e bisogno d'accettazione si mescolano dando vita ad un personaggio incomprensibile e proprio per questo potentissimo nella sua ostinata rassegnazione.