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QUO VADO? regia di Gennaro Nunziante

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Niko.g     8 / 10  13/01/2016 17:40:53Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
"Pur ispirandosi alla commedia all'italiana, è andato oltre un certo filone di cui anch'io sono stato esponente: quello del sesso, delle corna, della parolaccia".

Direi che queste parole di Lino Banfi rappresentino al meglio le distanze che Checco Zalone ha messo rispetto a un certo tipo di comicità del passato/presente.
Checco si conferma un comico moderno che però rifiuta la carnalità (finalmente) e non tradisce le radici classiche. Spesso, infatti, le sue gag nascono da situazioni paradossali di stampo classico, dove il comico pugliese riversa la sua ironia graffiante, magari ricorrendo anche alla parolaccia, ma sempre con un effetto giocoso e non triviale.
Senza arrivare a confronti espliciti e pericolosi con Totò, è proprio il ricorso a questo schema che lo rende semplice ed efficace, come quando in "Cado dalle nubi" alcuni ragazzi emo gli dicono: "noi ci tagliamo perché soffriamo" e lui risponde: "voi soffrite perché vi tagliate, provate a non tagliarvi e vedrete che non soffrite"… semplice ed efficace, come lo sarebbe stato Totò.
In "Quo vado" Zalone torna a parlare di lavoro, dando più corpo alla trama e intercettando con equilibrio e intelligenza emotiva le tematiche cruciali, per trasformarle poi in divertenti gag. Riserva, come suo solito, un colpo per tutti. Non risparmia gli impiegati statali, con i loro privilegi spesso alienanti, ma neanche i dirigenti ministeriali, convertiti al credo renziano e spietati manager di una pubblica amministrazione che ha perso ormai il riferimento del diritto. Proclama la tolleranza religiosa, ma non dimentica l'ateo. Respinge l'avanzamento scriteriato degli immigrati, ma è capace di gesti di generosità estrema. Difficile non amarlo.
Il primo incontro tra lui e la dirigente Sironi può essere considerato il manifesto della sua arte comica: lo scambio verbale giocato sull'ironia e sul paradosso, spingendo al massimo il graffio e lo sberleffo.
Anche stavolta il ritmo è elevato e non c'è un momento di stanca. La densità delle battute è notevole e i continui cambi di direzione narrativa attirano l'attenzione dello spettatore, tramite un montaggio con un ritmo da sketch, che però è sempre funzionale alla narrazione (non come in "Italiano medio" di Maccio Capatonda, tanto per fare un parallelo).
La regia di Nunziante è sempre più matura, indovina ogni inquadratura e si apre a scenari di ampio raggio (la scena dell'orso polare non è così semplice come potrebbe apparire).
Tutto è molto curato, anche i dettagli della messa in scena, basti pensare ai costumi della tribù africana.
Ottima la scelta del cast. Ogni attore è messo al posto giusto e in condizione di rendere al meglio, come effettivamente accade.
Bravissimi tutti, ancora una volta.
Jolly Roger  18/01/2016 09:22:45Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
il tuo è un commento intelligente. Era ora di leggere un commento misurato in mezzo a tanti pseudo intellettuali. Hai centrato il punto, finalmente una comicità che non ricorre a te.tte cu.li e doppi sensi volgari.

L'ho visto ieri e mi sono fatto due sane risate, a discapito del fatto che ciò eventualmente mi renda "pecora del gregge" agli occhi di qualcuno.
Scriverò qualcosa anch'io appena riesco.
Niko.g  18/01/2016 15:13:25Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Come si fa a non ridere con Zalone. Quello che ci può rendere "pecore del gregge" non è certo il suo film, ma l'intero sistema cinematografico da tempo diventato industria. Solo che qualcuno si è improvvisato radical chic in occasione di "Quo vado?", mentre l'altro giorno era in fila per vedersi Star Wars in un'affollata multisala e domani andrà a vedersi Leonardo Di Caprio pensando di vedere un film di nicchia. Anche questo è molto divertente :)
comunque ti ringrazio