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IL PIANISTA regia di Roman Polanski

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jack_torrence     7 / 10  04/11/2009 16:00:09Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Il film è stato celebrato dalla critica per il grande "rigore" dello stile. Uno stile distaccato, asciutto, senza fronzoli, molto concreto. Qusi Bressoniano (! che palle dirai, questo Bresson ritorna sempre... è perché è uno dei più grandi, anche se lo detesti ci devi fare i conti). Per me però non è rigoroso fino in fondo. E' rigoroso fino in fondo chi non si tradisce mai: i Dardenne per esempio.
Qui si vede che il rigore Polanskiano è una patina: corposa, riuscita, ma non scaturisce direttamente dall'idea-motrice dell'opera, cioè non si sente che è proprio il suo stile. e' una maschera-stile. Kubrick fa film tra loro diversissimi come Polanski, ha una poetica (pure Polanski ne ha, una sua), ma il suo stile non cambia mai, da quando giunge a maturità. Il Pianista di Polanski ha uno stile "preso in prestito". Ecco, mi sfuggiva l'espressione. "Preso in prestito".
E si tradisce in alcuni dettagli. Anzitutto, la musica la usa. E trovo che sarebbe stato molto più bello che la sola musica che si sentisse fosse quella all'inizio e quella immaginata dal protagonista con le dita. Il finale proprio non mi piace, vuole essere emozionante e dunque, commerciale.
Ma nel complesso è un film molto buono, che sa essere classico senza essere solo "confezionato".
Poi, quanto al rigore nei movimenti della mdp: poche evoluzioni, poco compiacimento stilistico. Ma un dolly sulle rovine di Varsavia se lo concede. Avrebbe dovuto restare SEMPRE nella prospettiva del protagonista, con la mdp ad altezza del suo occhio. Invece Polanski non può resistere alla tentazione di allungare l'orizzonte su di una strada completamente devastata, con i palazzi sbriciolati a terra.
I primi 50 minuti sono lenti, pesanti, il film prende il volo solo dopo, quando "pedina" il protagonista.
Il film ci racconta, come di un eroe, delle vicende di un tizio che non è un eroe. Che non è un eroe viene detto, si capisce. (Nè, per carità, avrebbe per forza dovuto essere un eroe, si intende). E' un uomo comune e questo sta bene. Ma no, non è un uomo comune!!! E' un grande pianista. Lacrimuccia. Avrebbe DOVUTO essere un uomo DAVVERO comune.
Il "limite" del film secondo me sta in questo.
Dov'è la malvagità umana che giustificherebbe, per contrasto, la sensazione di "eroicità" che viene inoculata allo spettatore attraverso l'insistenza sull'essere pietosa vittima-di-una-tragedia da parte di questo fortunato superstite? Il film non entra mai, se non con alcuni quadretti - macchiette, nella immane tragica insensatezza della brutalità umana, della brutalità della Storia.
In effetti, a me sembra che la tragedia della Storia sia un assunto di partenza dato per scontato, e l'individuo è posto contro di essa né più né meno di un individuo che fronteggia una catastrofe naturale, un cataclisma, un terremoto.
Questo non è un difetto del film (sia chiaro): ne è però un limite intrinseco. Nel senso: non è raccontato MALE, nel complesso (anzi piuttosto bene): però quello che si è scelto di raccontare NON arriva a essere significativo come appare (se si considera il tema affrontato).
Ciumi  08/03/2010 20:50:44Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Devo dire che mi trovo pienamente d’accordo col tuo commento; soprattutto nel non riconoscere come “rigoroso” lo stile adottato (preso in prestito, ottima la tua osservazione) qui da Polanski: anzi per assurdo mi viene da dire “poco spontaneo”, nei riguardi di un argomento che, andando a toccare esperienze personali, sarebbe dovuto nascere spontaneamente dal sentimento dell’autore. Il pathos c’è, ma rimane principalmente implicato entro una sfera cinematografica. E trovo completamente inadeguato il paragone con Bresson: nulla riconduce all’opera dell’autore francese, se non un certo contegno. E riguardo alla musica l’ho pensata al tuo stesso modo: dopo le prime note un silenzio definitivo sarebbe stato più autenticamente commovente.
Forse però, l’avere scelto come protagonista un fortunato superstite (un privilegiato e un virtuoso) avrebbe dovuto suggerire allo spettatore una certa sensazione d’impotenza, e quasi un senso di colpa di fronte all’enorme tragedia; ma sono d’accordo nel dire che, se questo era l’intento del regista, non è riuscito a renderlo con efficacia.

jack_torrence  17/03/2010 17:44:36Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
mi fa piacere condividere con te alcune osservazioni su questo film, la principale delle quali è proprio quella sullo stile "preso in prestito". Nulla da dire su Polanski, autore di molti film che mi piacciono, trovo che questo "Il pianista" sia però un tantino sopravvalutato come "capolavoro" della sua filmografia, e credo che ciò sia avvenuto per via della scelta di uno stile sicuramente sobrio e rispettoso, ma che non per questo trovo persuasivo sia uno stile di qualità davvero "superiore" (quella che assegna a certi film giudizi che, in voti, sono traducibili come 9 o 10).