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RAMS - STORIA DI DUE FRATELLI E OTTO PECORE regia di Grimur Hakonarson

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Invia una mail all'autore del commento tylerdurden73     6½ / 10  23/03/2016 11:11:36Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Protagonisti sono due fratelli dediti all'allevamento di una rinomata razza di pecore. Pur abitando a pochi metri di distanza non si parlano da quattro decenni, per ragioni ormai smarrite negli anfratti più bui della memoria.
Adeguati ad un isolamento impressionante vivono in funzione dei loro animali, le sporadiche occasioni conviviali sono davvero limitate vista anche la scarsa popolazione presente in quella zona dell'Islanda. Trattandosi di un film proveniente dalla terra del ghiaccio e del fuoco, come spesso capita, è la natura a rubare l'occhio con scenari mozzafiato, e a determinare spesse volte il destino degli uomini.
Gli attriti tra i due pastori peggiorano quando uno dei due si accorge del virus che ha attaccato gli ovini, con la conseguenza di causarne l'immediato abbattimento. La sciagura economica sembra essere relativamente importante, a venire a mancare è la motivazione per andare avanti, non esiste più alcuna ragione di vita anche se barlumi di speranza e felicità permangono, rinchiusi in una cantina adibita a stalla.
La pellicola è tutta giocata sul contrasto e sull'asprezza; semplici ed asciutte esistenze consacrate al lavoro con una cocciutaggine di fondo che è anche metafora calzante, in quanto si dice tipica dei montoni. Evidente la negazione di ogni frivolezza, riflesso di una terra in cui urge lavorare sodo e lasciare ad altri il divertimento.
Sposando un registro piuttosto lineare dove i fatti avvengono con calcolato e pacato incedere "Rams", pur interessando, non riesce mai trascinare con impeto.
Inoltre la stringatezza verbale dei personaggi non aiuta ad alimentare grosse simpatie verso essi. L'unico "colpo di testa" arriva nel finale in cui si staglia la vera essenza di una pellicola che si potrebbe scambiare - causa discutibile locandina- per l'ennesima commedia nord-europea un po' surreale.
Film prettamente festivaliero, non è un caso che abbia vinto alla 68° edizione del Festival di Cannes il premio "Un certain regard".