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IO SONO INGRID regia di Stig Bjorkman

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Godbluff2     7½ / 10  22/04/2022 09:57:39Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Trovo sempre abbastanza difficile attribuire un valore numerico a film di questo tipo. Il documentario sulla vita professionale e privata di Ingrid Bergman, realizzato da Stig Bjorkman con la collaborazione di Isabella Rossellini e la partecipazione degli altri figli (più una cugina) è bello e molto piacevole da vedere però, ed è una cosa mia, davanti ad un documentario che mette in mostra così tanto materiale privato e personale del "soggetto-protagonista" mi sento sempre in imbarazzo, quasi come se stessi giocando alla sora-impicciona del paese, che spia da dietro le persiane, cosa che in effetti è, ma è il gioco voyeuristico del cinema che in un documentario di questo tipo è ovviamente e volutamente esacerbato; a maggior ragione per il fatto che il documentario e il materiale che presenta è realizzato appositamente per permetterci di farci i cavoli di Ingrid Bergman, quindi sono consapevole di essere io quello strano.
Per quanto riguarda il viaggio attraverso la sua carriera, niente da dire, mi è sembrato riportato molto bene, soprattutto per i preziosi commenti in "voce-over" tratti dai diari privati della stessa Bergman, oppure da sue interviste e dichiarazioni fatte nel corso degli anni, partendo dai film girati negli anni '30 in Svezia. Le orecchie di drizzano di più in alcuni particolari momenti della sua carriera, questo è ovvio: personalmente succede quando la sento parlare/scrivere della sua esperienza con Hitchcock, succede quando arriviamo ai film girati con Rossellini (in un ovvia fusione con la parte privata) dove il commento curioso e interessato di Ingrid sul tipo di cinema così diverso sul quale stava lavorando, così desiderosa di allontanarsi dal solito stile hollywoodiano, e sui metodi di lavoro di Rossellini sono molto stuzzicanti (anche se quello che vediamo qui almeno per me non è che sia stata proprio una novità).
Accade anche nel periodo francese, quello della commedia girata con mastro Renoir (l'unico così ammirato da Rossellini, che questi non fece problemi alla moglie per girare un film con qualcun altro che non fosse lui, come faceva con i non-Renoir, eh), che è un periodo della sua carriera poco conosciuto e senza dubbio da approfondire e perciò forse il più stuzzicante tra quelli percorsi dal documentario.
Succede, infine, quando il cerchio si chiude e Bergman torna a girare un film in Svezia, con un regista svedese, il più grande di tutti: Bergman. Era veramente l'ora che Ingrid e Ingmar, i due principali "portabandiera" del cinema svedese, in modi diversissimi tra loro, girassero un film insieme (e che film "Hostsonaten" è bellissimo be si ok grazie al càzzo, è Bergman... Ingmar, dico, ma anche Ingrid, che casino, troppi Bergman) e qui non mancano dei ricordi tanto toccanti quanto divertenti di Liv Ullman (che tra le attrici svedesi è invece la più brava di sempre, scusa Ingrid). Insomma anche qui è bello per noi amanti del cinema sentire le testimonianze di Ingrid Bergman sul lavoro fatto assieme ad Ingmar, sul suo rapporto con gli attori e i suoi metodi sul set, c'è un ricordo bellissimo di Ingrid sul modo in cui Ingmar riusciva a farti capire il modo perfetto di interpretare quella scena, di entrare in quelle sensazioni. C'è anche il ricordo che non ti aspetti, quello di Sigourney Weaver, che lavorò con Ingrid quando quest'ultima era ovviamente negli ultimi anni e lei ai suoi esordi, e chi lo sapeva, bello.
Per quanto riguarda, la relazione con Rossellini e le grida di indignazione che se ne sollevarono, l'unica cosa che mi interessa notare è come ad Hollywood non smettano mai, in nessuna epoca, di cacciare le streghe in un concentrato assurdo di ipocrisia e malafede, cambia solo il "tema" della caccia. Complimenti. Ovviamente la cosa si estende anche al di fuori di Hollywood.
Professionalmente per me quella di Ingrid Bergman si conferma una figura splendida, uno spirito libero e irrequieto, vivace e versatile, professionale e talentuosa. Una che è stata, negli anni '40, la più grande forse tra tutte le dive di Hollywood e che poi di Hollywood si è stancata e gli ha voltato le spalle (prima lei a loro che loro a lei, sucàte fortissimo, cari), andandosene a fare "quei" film lì con Rossellini, poi in Francia con Renoir, poi torna ad Hollywood e vince di nuovo degli Oscar per interpretazioni che paradossalmente non sono tra le sue migliori in film che paradossalmente non sono tra i migliori ai quali abbia partecipato (sempre uno spasso, gli Oscar), poi chiude con Mastro Bergman in Svezia, a casa.
Dunque, il documentario di Bjorkman mi è sembrato piuttosto completo, con tantissimo materiale privato per chi non si sente troppo sora impiccetta come me ma soprattutto con una giusta fusione "narrativa" tra carriera e vita privata di Ingrid Bergman.