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SUBURRA regia di Stefano Sollima

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JOKER1926     6½ / 10  21/10/2015 00:24:15Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Stefano Sollima è un nome che è destinato a ricevere, pian piano, sempre più apprezzamenti e fama. Forse merita più la seconda.
Dopo la fortunata serie ambientata a Napoli, "Gomorra", tale regia si cimenta con un film che concettualmente strizza l'occhio a ciò che è stata la serie televisiva sulla criminalità di Napoli.

L'ultima fatica dell'italiano Sollima parte da un titolo che è un chiaro richiamo storico ad un quartiere colorato dalla corruzione, nell'antica Roma c'era imbroglio, figuriamoci adesso.
Il plot almanaccato dalla regia è certamente interessante con una storia incastrata che gioca quasi tutte le sue chance di successo nel nome di un ritmo robusto e di varie sequenze pulp/tragiche, esse sono splendidamente avallate dai suoi protagonisti, brutti e sporchi.

"Suburra" quindi mantiene altissimo l'interesse nel primo troncone di proiezione, lo spettatore inizia a "familiarizzare" con quella schiera di personaggi potenti e violenti, essi sono contrapposti ma quanto mai vicini.
Nel secondo tempo, ahimè, "Suburra" inizia a perdere qualcosina, Sollima paga, senza dubbio, la scelta di alcune sequenze fin troppo sopra le righe e le scempiaggini iniziano a consumarsi velocemente nel ventre narrativo e di sceneggiatura. Non convincono assolutamente alcune dinamiche e soprattutto un paio di personaggi, fra tutti uno bizzarro Elio Germano che rende parodistica la sua prestazione, ma qui la colpa è del copione. Altra icona folle è quella della tossica, la donna di Numero 8.
"Suburra" ad un certo punto sembra non bastarsi più; cerca l'eclatante avvicinandosi alla megalomania. Il tutto sfocia in una inopportuna e plastica fantapolitica ove il politico corrotto, interpretato da un buon Favino, rincorre in una piazza colma di dissidenti altri uomini di potere.
"Suburra" paga, infine, anche la scelta di donare un finale chiuso, a nostro giudizio il tutto non doveva avere alcun recinto, dare un epilogo ad una storia del genere rende la cosa mentecatta. Si cade nell'individualismo più furente. Una storia che si fonda su imbrogli e scandali di grandi portate dovrebbe avere dalla sua parte un maggiore senso di indefinito, poggiare i riflettori su singoli e secondari personaggi ha sapore di pulp tarantiniano. Ma le storie di Tarantino erano di delinquenza di borgo e private, quindi tutt'altra storia.

Il film sulla Roma (Italia) corrotta è un lavoro furbo che avrà successo presso quel pubblico che definiamo medio.