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GERMAN ANGST regia di Jörg Buttgereit, Michal Kosakowski, Andreas Marschall

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Invia una mail all'autore del commento tylerdurden73     5½ / 10  27/04/2017 10:24:49Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Trilogia teutonica firmata da due registi non proprio celebri e dalla punta di diamante Jorg Buttgereit.

Proprio all'autore di perle underground come "Der Todesking" e Nekromantik" è affidato aprire le danze. Il suo "Final girl" è un lavoro notevole dal punto di vista stilistico con profonda immersione tra sogno - o meglio, incubo- e realtà, sottolineata dall'alternanza tra insistiti primi piani e immagini fuori fuoco. Si presume una storia di abusi e conseguente vendetta, un disagio famigliare che trova bizzarro parallelismo nel rapporto uomo/animale. Piuttosto brutale in un paio di sequenze è comunque un episodio lontano anni luce dalla nota capacità di inquietare da parte del regista tedesco, solitamente abile nel dare luce ad una poesia macabra tutta sua, purtroppo in questo caso ficcante solo in rari passaggi.
Voto 6

Il secondo segmento è firmato da Michael Kosakowski. "Make a wish" è riflessione fin troppo moralista sulla violenza nella società moderna, degenere figlia degli scempi perpetrati durante la Seconda Guerra Mondiale dagli accoliti di Hitler. Vittime designate due sordomuti polacchi che capitano nelle folli mani di un branco di nazi all'interno di un fatiscente edificio. Le scene cruente non mancano ma tutto appare fine a se stesso, gratuito, senza una vera logica. Xenofobia spiccia con svolta fantasy veramente ridicola.
Voto 5

Il terzo episodio ("Alraune") appare invece come un'occasione mancata. L'approccio formale anni '70/80 tra dipendenze tossiche ed erotiche, con eccellente pre-finale lovecraftiano, intriga parecchio, in una storia ricca di misteri e personaggi ambigui. Una ricerca del piacere, della trasgressione che fa rima con una discesa all'inferno in cui viene tirato in ballo anche il mito della mandragora. Purtroppo la storia gira un po' a vuoto denotando parecchi buchi di sceneggiatura, il finale è facilmente anticipabile mentre il racconto si popola di personaggi dallo spessore davvero fragile.
Dirige Andreas Marschall, con stile e perizia. Uno script meno confusionario, più asciutto, avrebbe sicuramente fornito maggior soddisfazione.
Voto 5.5