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LA VENDETTA DEI 47 RONIN regia di Kenji Mizoguchi

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amterme63     8½ / 10  09/12/2014 17:50:23Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Occorre in qualche maniera arrivare "preparati" prima della visione di questo film. Prima di tutto bisogna avere una certa conoscenza della storia e della cultura giapponese, soprattutto quella che è l'etica samurai espressa nel bushido.
Inoltre c'è da tenere presente che questo film è nato nell'atmosfera esaltata del Giappone all'inizio della Seconda Guerra Mondiale.
Ci sono quindi tutti gli ingredienti per confezionare un film epico, di esaltazione della dedizione completa a ideali e a doveri, sopra qualunque altra considerazione umana o individuale.
Ciò che lo fa "orientale" e così poco "americano" è il fatto che si cerca il più possibile di evitare di rendere la visione spettacolare, per concentrarsi quasi totalmente sui comportamenti e sulle ragioni dei personaggi. Di episodi cruenti ce ne sarebbero in abbondanza (la storia è fatta di vendette e di suicidi imposti), eppure le scene in cui si vede il sangue brillano per assenza. I fatti vengono raccontati più che rappresentati.
La solennità è data soprattutto dal ritmo molto lento e dalle inquadrature per lo più in campo medio o lungo (non ci sono primi piani). Viene adottata un'impostazione molto teatrale, con scene che si svolgono per lo più in situazioni statiche. Per vivacizzare e dare movimento Mizoguchi utilizza abbondantemente il piano sequenza. Insieme a Orson Welles, Mizoguchi è il regista che ha sfruttato al meglio questa tecnica di ripresa, ricercando più che altro la fluidità e l'estensione dello sguardo a partire da punti fermi (a differenza di Welles che cercava la drammaticità e il movimento).
La parte tecnica e formale è senz'altro la parte più bella e suggestiva del film (splendidi i costumi e le ambientazioni).
Per quanto riguarda il contenuto, come detto, risente molto delle pressioni governative nipponiche degli anni '40, volte a esaltare la dedizione cieca all'onore, al dovere e all'ubbidienza. Al sacrificio di se stessi ci si va con allegria e gioia, morire per un'idea, per un codice valoriale collettivo è la meta massima e più alta di una vita umana. Meglio se oltre all'ardore e alla foga si utilizza l'astuzia e il freddo calcolo. La freddezza, la determinazione, la calma, la pianificazione razionale sono le doti di Oishi, il protagonista del film. Le sue intenzioni rimangono nascoste pure allo spettatore, il quale le deve evincere dai suoi comportamenti e dalle sue scelte. E' un approccio distaccato e riflessivo, che mira a farci apprezzare il personaggio con il ragionamento, più che con l'immedesimazione emotiva.
"I 47 ronin" ha il sapore dei grandi film epici e celebrativi. Come detto, lo si apprezza soprattutto per la tecnica e la forma. Infatti non annoia e lo si guarda volentieri nonostante la lunghezza. Il messaggio invece appare fin troppo perfetto per sentirlo genuino. Traspare fin troppo lo scopo "propagandistico", troppo felici e troppo determinati sono i 47 ronin. Certo c'è l'episodio della donna travestita da uomo e del ronin che ne era l'innamorato, ma troppo poco e poco sentito.
Molto bello, ma secondo me non è un "capolavoro".