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KING KONG regia di Peter Jackson

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Invia una mail all'autore del commento kowalsky     6½ / 10  19/12/2005 01:23:19Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
"E la bella fermò la bestia che da quel giorno in poi fu come morta..."

Peter Jackson, due ossessioni: Welles e King Kong. Egli è un grande visionario, con tutti i pregi e limiti del caso. Usa a modo suo la metafora sostenendo la teoria originaria ma senza riuscire a stabilirne il messaggio, crogiolandosi nel suo eremo fiabesco. Se il risultato lascia visivamente a bocca aperta, resta un senso acre e fastidioso di inconpiutezza, di occasione perduta.
Non posso fare a meno di pensare quanto l'operazione sia principalmente preposta a icona post-moderna (attualizzata, rinverdita) dei nostri tempi. E questo mi va benissimo, ma fare i conti con un manifesto non è esattamente come plasmare l'immaginario collettivo o le migliaia di interpretazioni nel corso dei decenni sulla più geniale e affascinante figura e creazione della storia del cinema. Ancora oggi noi ne vediamo l'aspetto mostruoso, e la sua grandiosità immaginaria, ma kong è l'emblema di un mondo dove gli schiavi trascinano il peso della loro lotta rivendicando il diritto ad appartenere a una "civiltà a noi sconosciuta" senza per questo esserne "brutalmente" recisi. Ecco forse l'aspetto interessante di questo film è l'astratta simbolica visione di un mondo di tensioni razziali ideologiche religiose e culturali un mondo dove si paga il biglietto pretendendo di assistere alla globalizzazione e coercizione della civiltà sepolta, e alla sua fine imminente e definitiva allo scopo di preservare la propria specie contemporanea. Nella scena - bellissima - dell'incontro drammatico con gli indigeni di skull island, Jackson riesce mirabilmente a raccontare, come attraverso Tolkien, l'impossibile comunicazione tra due diverse forme di vita. Tuttavia king kong "umanizzato" avrebbe molte piu' sfumature: è un po' simbolo di potenza fisica maschile, un po' amante geloso di stampo shakespeariano, o condannato per aver amato come l'Orfeo di Cocteau, è protezione e forza bruta, è maschera tragica sofocliana e schiavo della sua stessa forza, costretto ad esiblire la violenza per reclamare il diritto alla libertà o a un'amore impossibile. Il desiderio continuamente boicottato è la colpa di perserverare esclusivamente a difendere i suoi sentimenti fino alla morte. Non c'è nulla di eroico, semmai un forte stoicismo, o l'ascendenza di una Divinità condannata come Dio Minore, soprattutto quando il Re nel fragore della metropoli moderna resta solo un disperato fenomeno da esibire. E' quindi un'utopista senza futuro, proprio come il regista quando vorrebbe rimborsare le vittime di skull island pensando all'"eroica" impresa di aver seguito il suo scellerato egocentrismo.
Ci sono insomma diversi problemi: prima di tutto il film è fedelissimo all'originale del 1933, a volte fino alla minuziosità più superflua, manca solo la lotta con un pterodattilo e il gioco è fatto. E' chiaro che i mezzi a disposizione di Jackson rendono risibile persino l'enorme (per l'epoca) sfoggio tecnico di Willis O'Brien (senza citare quella ciofeca prodotta da De laurentiis che fortunatamente i piu' hanno dimenticato), ma è proprio questo percorso a non funzionare affatto. Tutta la parte centrale del film tolto il rito sabbatico degli indios dipinti come gli zombies di Romero, è esecrabile e sfiancante: l'abulimia di dinosauri fa pensare a jurassic park ma può essere sconcertante assistere a una corsa di diplodocus filmati in digitale che sembrano una via di mezzo tra un torneo di rugby e una partita di football americano... l'uso del digitale zooma tra effetti(smi) che sembrano l'ennesimo tentativo di ottenere il massimo col minimo sforzo produttivo (a livello economico forse sì) E quando vediamo ann Darrow, una Watts misteriosamente priva di appeal, danzare davanti a kong o farsi trasportare dalle sue enormi mani, verso la fine, in un'insolita pista di pattinaggio, allora sappiamo che la vena fiabesca di jackson non si è mai esaurita.
Sono sequenze atroci e fuori-contesto, perchè sembrano condividere soltanto l'iconografia immaginaria di Kong e non il suo senso estetico e - perchè no? - il suo potenziale erotico. Adrian Brody è una scelta insolita, lontanissimo fisicamente dallo sceneggiatore squattrinato ma attraente che fu ai suoi tempi bruce cabot o più recentemente Jeff Bridges immortalato dal glamour della produzione di De Laurentiis. Ma nondimeno la sua interpetazione è folgorante. Se poi la bellezza diventa un'estatica fanciulla con movenze da musical di Minnelli (ci mancava solo Judy Garland in mano allo scimmione), i personaggi maschili subiscono una rivoluzione quantomeno controversa. A cominciare appunto dal regista, che insegue il suo sogno fino alla fine, affine in fondo all'amore impossibile dell'animale. Una figura wellesiana che non a caso torna a jackson come l'immagine - simbolo del protagonista de "il terzo uomo" nell'umanità sconcertante di "creature del cielo", il primo successo di Jakcson. E che non a caso cita "cuore di tenebra", dove "l'uomo era suo malgrado attirato dal pericolo e dalla voglia di scoperta", cfr. il libro di Conrad fu il primissimo addattamento cinematografico di un welles 18enne e alle prime armi nel mondo del cinema.
King kong fu un film anche straordinariamente profetico, si dice che sia la versione del 1933 che in quella del 1976 il pubblico trovava inconsciamente soddisfazione ad assistere al massacro della società capitalista newyorkese - in pieno periodo di crisi economica. Ma dopo l'11 settembre l'immagine di king kong che assalta l'Empire con gli aerei atti a colpire da ogni parte assume un significato diverso. Senza essere antiamericano, ho provato un moto di soddisfazione nel vedere distruggere (astrattamente s'intende) la città non certo per reticenza ideologica, ma per sostegno alla figura di kong alla disumana condizione di un "prigioniero" messo poco tempo prima in catene davanti alla folla.
L'ossessione di jackson per il sequel è recidiva, perchè serve ad esprimere il suo delirio di onnipotenza a più riprese, sperando in cuor suo di raggiungere i vertici al box office di "titanic", cui si rifà la prima parte, di gran lunga la più lucida, la più emozionante, la più letterariamente spettacolare (pensiamo ad hodgson e stevenson, alle storie degli oceani o al cinema classico d'avventura sui pirati, non a caso l'attore principale sembra una parodia di douglas fairbanks).
Dobbiamo perciò rassegnarci ad accettare lo scomodo fardello di kong come neoplastico del ventunesimo secolo: tutto bene, ma non si va oltre la fotografia, non resta traccia della sua (illusoria?) lettura anche filosofica. Sopratutto, manca proprio l'eros. Ora aggredito morso ferito umiliato kong per Jackson è solo una cosa "non umana", l'espressione straordinaria del suo feticismo cinefilo. Ne aveva anticipato molti temi con "il signore degli anelli" e in tutta la trilogia sembrava vedessimo infiniti frammenti del film di Cooper e Schoedsack. Kong è prigioniero della sua icona. Avrei voluto vedere un capolavoro, ma penso di aver atteso invano. Nell'era dei blockbusters è consentito anche questo: avere il miglior blockbuster possibile ma non poter chiedere di più
Invia una mail all'autore del commento Giordano Biagio  19/12/2005 23:06:09Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Commento interessante e ricco di cultura. Un po' da riordinare come sintassi.
Invia una mail all'autore del commento abacab  19/12/2005 01:57:22Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Sei prolisso e ridondante.Usi troppe parole e ti autocompiaci.
E continui a usarle a sproposito come " l'abulimia" che non esiste.
E' abulia o abulico oppure bulimia.Che hanno un significato molto diverso.
Invia una mail all'autore del commento kowalsky  19/12/2005 09:03:00Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Dovevo farne la rece ma poi si era prenotato qualcun'altro Veramente avrei dovuto dire "bulimia" l'ho rubata a un critico Mi sa che è proprio Jackson a compiacersi
antoniuccio  19/12/2005 09:41:20Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Kowa, sei sempre quello che sei. Ho appena scritto il mio commento, dicevo tra me e me, che a voler tirar fuori il significato recondito della storia in sè, c'è la paura che nasce da ciò che noi non conosciamo. Gli indigeni, il "mostro". Noto con piacere che avevo avuto la sensazione giusta, dato che è ciò che dici tu.
La tua analisi è sempre profondissima, non posso aggiungere nulla in più.
Invia una mail all'autore del commento kowalsky  19/12/2005 12:34:56Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Pero' vedi tanto di piu' poteva essere fatto su kong... alla fine si riduce ad essere prigioniero della sua icona... i dubbi permangono anche se indubbiamente certe cose sono davvero molto riuscite (gli indigeni appunto)
Gruppo STAFF, Moderatore Kater  19/12/2005 14:03:16Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Sisi, allore lo devo proprio vedere questo "creature del cielo". Secondo me gli indigeni sono la cosa PIU' riuscita; assolutamente inquietanti. E anche il tanto bistrattato viaggio in nave l'ho trovato affascinante.
Comunque è vero che sulla figura di Kong poteva essere fatto un lavoro molto più profondo ma credo che J., nel suo sogno tanto inseguito, fosse più teso a mostrare un mondo fantastico che il testo permetteva di sviluppare piuttosto che analizzare la figura di Kong come metafora. Insomma credo che le sue aspirazioni fin dall'origine fossero più banali.
84lestat  19/12/2005 11:45:10Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Complimenti come al solito per lo splendido commento, anche se su qlc non mi trovi d'accordo. In perfetta sintonia mi trovi sugli attori: stranamente senza appeal la Watts, incredibilmente bravo Brody.
bianco coniglio  19/12/2005 12:49:27Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
ASSOLUTAMENTE non d'accordo, la Watts è stata fantastica!
84lestat  19/12/2005 16:06:27Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
questione di sensazioni. In generale adoro la watts ma qui non mi ha trasmesso niente, sarà anche x la difficoltà di recitare senza riferimenti xò anche brody lo fa ed in maniera favolosa