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ANARCHY PARLOR regia di Devon Downs, Kenny Gage

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chem84     4½ / 10  25/01/2016 22:29:30Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Beh se mai un giorno mi venisse voglia di farmi tatuare in Lituania (perché mai dovrebbe venirmi non lo so, ma mai dire mai), credo proprio che dopo questa visione probabilmente cercherei di reprimere la brillante idea. E diciamo che bastano appena pochi secondi per capirne il motivo, complice un inizio sufficientemente intrigante che invoglia a dare un'occhiata alla vicenda.
Il film sembra partire con gli ingredienti giusti; il gruppo di ragazzi presumibilmente tendenti alla c.oglionaggine, il viaggio in Europa stile Hostel e un po' di f.iga che non guasta mai (unico vero punto a favore di tutta la baracca).
La figura dell'Artista non dispiace, tra l'altro assomiglia incredibilmente a qualcuno ma ora non mi sovviene a chi, mentre le operazioni che si diverte ad eseguire appaiono piuttosto realistiche (forse perché potrebbero anche esserlo chi lo sa…). In alcuni momenti, con le dovute proporzioni sia chiaro, mi ha ricordato alcuni passaggi di "Martyrs", accrescendo ulteriormente la curiosità nei suoi confronti.
Peccato che però il film non prenda assolutamente quota e cominci ben presto a ristagnare, perdendosi in banalità e in momenti di noia; anche le intenzioni del "tatuatore" non sembrano avere molto senso, quantomeno durante le prime fasi, rendendo così le poche scene "torture" (che ad alcuni poco avvezzi potrebbero dare pure un minimo fastidio) fini a se stesse.
Il coinvolgimento del c.oglione di turno nella vicenda poi era leggibile lontano un kilometro (appena entrati nella bottega lo avevo subito pensato e non ci voleva certo un genio per capirlo), mentre la rissa tra le due ragazze verso la fine è francamente imbarazzante.
Il finale, per quanto giusto possa essere visto lo svolgimento del film, appare invece affrettato e poco credibile, anche se l'ultima inquadratura sul dipinto non mi è dispiaciuta. Il film invece, nel complesso, mi è dispiaciuto assai perché ancora una volta, pur non avendo partorito nulla di clamorosamente originale e/o brillante, si era davanti ad un discreto potenziale, gettato poi nell'indifferenziato.
Bocciato.