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YOUTH - LA GIOVINEZZA regia di Paolo Sorrentino

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Invia una mail all'autore del commento tylerdurden73     6½ / 10  04/11/2015 11:34:12Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Fred e Mick si preparano a sottrarsi definitivamente agli occhi del mondo. In un lussuoso resort delle alpi svizzere, una sorta di metaforico paradiso anticipato, i due grandi artisti, ormai anziani, si ritrovano durante un periodo di vacanza. Fred ormai non ha alcuna intenzione di dirigere un'orchestra o di mettersi a tavolino a comporre, la Regina lo chiama, ma lui risponde picche. Mick ha in mente di girare un ultimo film, negli intenti il suo capolavoro/testamento, ma sembra più una velleità che altro, un modo per restare in contatto con un mondo (di cui si circonda avidamente) col quale non vuole tagliare il cordone ombelicale.
I due compari ci offrono una visione nostalgica sulla vecchiaia fortunatamente resa da Sorrentino mai patetica, il regista partenopeo riesce a concretizzare un'idea di impasse definitiva nel momento in cui lo stimolo o l'illusione hanno il sopravvento su vite, che grandi o piccine siano state, non trovano più ragioni per provare a spiccare un balzo, o anche a muovere un semplice passo avanti. Persone già morte, figure in sottrazione, confinate in un limbo lindo e regolamentato, abitato da loro simili già sconfitti dalla vita nonostante un'età ancora buona per "figliare" qualcosa di importante.
Come tradizione vuole l'estetica di Sorrentino è di quelle che fanno la gioia di ogni cinefilo feticista del tecnicismo; regia, fotografia e montaggio sono superbi (seppur meno ammalianti rispetto ad altre opere del regista). Confermate e apprezzate le abilità non si può evitare di evidenziare la tendenza al pomposo, all'autocelebrazione e al compiacimento con colonna sonora tronfia e invadente, capace di inseguirci sin sugli interminabili titoli di coda, a loro volta traditori di un modo di fare cinema che è discutibile sfida in un pavoneggiarsi infinito.
I dialoghi sembrano più sentenze o aforismi, ma pur rimarcando una certa spocchia esistenzialista riescono a tratteggiare una caducità del corpo più mentale che corporea. A fare la differenza c'è solo la forza di volontà, il desiderio di fare o dire ancora qualcosa, ben esplicitato nel ribaltamento di ruoli finale dove Mick e Fred si scambiano di posto tra annullamento e ritorno.
Ottima la prova degli attori, Caine e Keitel sugli scudi, ma anche Rachel Weisz è molto brava, applausi per l'apparizione di Jane Fonda nei panni di un'attempata e scorbutica diva del cinema.
Ad oggi, a mio modesto parere, l'opera meno convincente di Sorrentino. Interessante a livello tematico ma prolissa e avara di contenuti fatti girare sotto il naso dello spettatore in varie salse tutte dal sapore simile.