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31 regia di Rob Zombie

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Invia una mail all'autore del commento tylerdurden73     7½ / 10  06/10/2016 11:14:52Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Torna alle origini Rob Zombie e lo fa evocando i suoi primi due lavori ("La casa dei mille corpi" e il grandioso "The Devil's Reject"). Si muove in territori inospitali e polverosi dove presenta un pugno di artistucoli male in arnese, ovvero le vittime sacrificali per un terzetto di riccastri, questi ideatori di un sadico giocato chiamato 31 in onore della notte di Ognissanti.
Nel bel mezzo del nulla c'è il solito benzinaio e poco più avanti l'inevitabile trappola, la "prezzemolina" Sheri Moon è fatta prigioniera, rinchiusa con i suoi compagni di sventura in una fabbrica abbandonata e qui eletta ad oggetto di scommesse sulle possibilità di sopravvivenza determinate dalla presenza di feroci assassini agghindati come clown da incubo.
Fiaba nera e survival horror si miscelano in un' elementare ma incisiva caccia all'uomo, mentre violenza e scene toste (seppur in misura minore rispetto ai precedenti lavori) lasciano il segno. La caratterizzazione delle vittime è molto blanda, in compenso a far breccia ci pensano i villain, concentrato di follia e luridume votato al sangue, tra cui spiccano il nano nazista e l'incredibile caratterista Richard Brake, star di un prologo in bianco e nero da cui si possono evincere sin da subito le bellicose intenzioni dell'ex frontman degli White Zombie.
Grottesco, ridondante, impietoso e sporco, il mondo di Zombie è costellato da scenografie splendidamente fotografate, improntate alla definizione di un circo degli orrori. La nota più palesemente negativa viene dalla regia: stranamente confusionaria, incapace di rendere giustizia alle scene più concitate/efferate. Forse un modo per non incorrere nei tagli censori, ma al film la scelta non giova.
Tuttavia dopo l'approccio onirico dell'eccessivamente bistrattato "The Lords of Salem" qui si respira un'aria nuovamente rozza, in cui il regista/musicista tira fuori il meglio del suo campionario di crudeltà assortite. Basilare il supporto della musica con notevole soundtrack tra gli habitué Lynyrd Skynyrd, divagazioni classiche, imprevisti inserti melodici affidati a Steven Tyler e sorprendenti malinconie alla "California dreamin".
Attenzione al finale, ricorda "The Devil's Reject" privo però di quella leggendaria poetica sanguinaria, a mio parere potrebbe lasciare un po' spiazzati.
Zombie non evolve ma torna al suo vecchio amore per l'horror più diretto e con pochi fronzoli, in cui si muove sornione con disinvoltura, riappropriandosi di una cifra stilistica ormai riconoscibilissima edificata su inquietudine, psichedelia, cultura pop, brutalità e kitsch. Il tutto amalgamato alla perfezione.